"Mia figlia uccisa, noi lasciati soli": la lotta di una madre per avere giustizia

Monia Del Pero fu assassinata a 19 anni dal fidanzato nel 1989 Giliola chiede pari diritti per vittime di femminicidio e mafia

Gigliola Bona

Gigliola Bona

Brescia, 24 gennaio 2021 - Sua figlia, Monia Del Pero, fu uccisa a 19 anni nel 1989 dall’ex fidanzato, un coetaneo. E Giliola Bono dal 2006 ha intrapreso una battaglia legale contro lo Stato "che abbandona le famiglie delle vittime di violenza", ma la causa di questa madre che lotta a nome di tutti i parenti alle prese con un dramma come il suo, rimbalza da un tribunale all’altro per ragioni di competenza, e continua a subire rinvii sfinenti. Non vedendo la luce in fondo al tunnel, la signora Gigliola il 7 dicembre ha scritto una lettera al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E lui, tramite la sua segreteria, venti giorni dopo ha risposto. Ma la risposta è stata glaciale: "Mi ha fatto sapere che mi è vicino, ma in buona sostanza mi ha liquidata dicendo che le questioni da me sottoposte non sono di sua competenza. Come sarebbe a dire? – si chiede la mamma di Monia esasperata – Proprio lui, che è fratello di un morto ammazzato, come fa a non capire? É pure il capo della magistratura, non mi dica che non può fare nulla per cambiare le cose. É l’ennesima delusione".

Giliola Bono nella lettera, che al momento non vuole diffondere perché non esclude di fare seguire altre missive, aveva posto una serie di domande: "Volevo sapere se qualcuno delle istituzioni si fosse mai posto il problema per esempio che spesso i familiari a cui viene ucciso un figlio non hanno i soldi per seppellirlo e pagargli il funerale, oppure se sanno che i genitori dopo un fatto simile hanno bisogno di un percorso di sostegno psicologico, ma nessuno dà niente. Lo Stato ricorda i femmincidi solo l’8 marzo e il 25 novembre. Poi sparisce per il resto dell’anno. Eppure di Monia oggi ce ne sono 50 l’anno. Dove sono le istituzioni?". Sono passati 32 anni dall’omicidio di Manerbio, e la madre è ancora un fiume in piena: "Io e mio marito siamo stati lasciati soli".

Era il 13 dicembre 1989 quando la giovane fu strangolata, spogliata e messa in sacchi della spazzatura da Simone Scotuzzi, che poi la nascose nelle condutture di scolo del fiume Mella. Erano stati insieme sei mesi; lui, che non si era mai rassegnato alla fine della relazione, il giorno di Santa Lucia le chiese di vedersi con la scusa di regalarle vecchie foto. E la uccise. Per tre giorni partecipò alle ricerche – si pensava a una scomparsa - fingendosi innocente. Poi crollò, ammettendo le sue responsabilità. Condannato a 11 anni e 8 mesi in abbreviato e a 3 anni di libertà vigilata, trascorse cinque anni in carcere, due tra domiciliari e comunità, quindi tornò libero. "Lo era già, all’epoca dei funerali – dice Giliola - Oggi vive in Perù, ha due figli". I giudici decretarono una provvisionale che oggi vale un milione. Ma di quei soldi i genitori di Monia non hanno visto quasi niente.