Brescia, bambina molestata: 30 mesi al maniaco

La piccola era stata seguita fin dentro l’androne del palazzo dove il 53enne di Collebeato, risultato recidivo, ha commesso il fatto

Violenza

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Brescia, 22 febbraio 2020 - E’ stato condannato a due anni e mezzo di reclusione il cinquatatreenne di Collebeato finito sotto processo in abbreviato per avere lo scorso aprile molestato una bimba seguendola fin dentro l’androne del palazzo in cui vive a Brescia e poi calandosi i pantaloni davanti a lei. L'uomo, pregiudicato per vicende simili, in questo caso era alla sbarra per tentata violenza sessuale aggravata. Il gup, Riccardo Moreschi, ha però ritenuto di riqualificare l’imputazione in corruzione di minorenne. L’avvocato Patrizia Scalvi, che assiste l’uomo, aveva spinto invece per una riqualificazione del reato in atti osceni, che avrebbe comportato una pena più lieve.

"Il mio assistito è un esibizionista affetto da una vera e propria compulsione a mostrarsi ma non ha mai toccato nessuno – sottolinea il legale – Nel carcere di Bollate dove è recluso sta seguendo un percorso di cura". L'uomo era finito in manette a metà giugno in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare al termine di un’indagine avviata nell’aprile precedente dalla squadra Mobile e dal pm Barara Benzi. A dare avvio all’inchiesta, la denuncia del padre della vittima, una bimba originaria dell’Est Europa di appena dieci anni. La piccola ha infatti raccontato in famiglia di essere stata adocchiata dallo sconosciuto in strada, all’uscita dalla palestra, e di essere stata seguita fino a casa. Una volta dentro l’androne del condominio, l’uomo l’ha avvicinata con una scusa, quindi si è improvvisamente denudato. Si sarebbe poi fatto guardare da lei mentre si masturbava – così recita il capo d’imputazione - e poi le avrebbe pure proposto di recarsi con lui in un angolo appartato dell’ingresso con l’intenzione di compiere atti sessuali. Proposito naufragato "per cause non dipendenti dalla sua volontà, ma per la determinata reazione della vittima che scappava in casa".

Decisivo per incastrare il cinquantatreenne, appunto un recidivo già condannato per altri episodi analoghi, la memoria visiva di un investigatore in servizio in questura. Con in mano la segnalazione della parte offesa, il poliziotto lo ha riconosciuto scorrendo le immagini delle telecamere di videosorveglianza in strada e interne all’androne del palazzo. Tornato in libertà all’inizio del 2018 dopo un periodo di detenzione, il cinquantratreenne aveva iniziato un percorso di reinserimento sociale e lavorava per conto di una cooperativa. La sua riabilitazione però si era malamente interrotta.