Test del suino, ora caccia al Dna: così si è riaperto il caso Bozzoli

L’esperimento in una fonderia ha dato lo stesso esito di Marcheno: la cremazione ha provocato solo fumo bianco

La fonderia dove si è tenuto l’esperimento

La fonderia dove si è tenuto l’esperimento

Provaglio d'Iseo (Brescia) -  Ultima fase ieri dell’esperimento del maiale gettato nel forno della fonderia Gonzini, il test in scala disposto dalla Corte d’assise nell’ambito del processo per l’omicidio e la distruzione del cadavere di Mario Bozzoli. Dopo la ‘cremazione’, ieri sono tornati in via La Malfa i periti, il medico legale Camilla Tettamanti e l’ingegnere Antonio Boccardo, che alla presenza dei consulenti delle parti hanno eseguito campionamenti sulle pareti del crogiuolo e nella cappa di aspirazione. Obiettivo, individuare eventuali tracce di Dna del maiale, da comparare con i resti della combustione. La prova del maiale è stata decretata quasi a conclusione del dibattimento che vede quale unico imputato Giacomo Bozzoli, nipote di Mario.

L’imprenditore sparì dalla sua fonderia a Marcheno alle 19,13 dell’8 ottobre 2015. L’accusa finora ha escluso l’eliminazione in uno dei forni. A detta degli esperti il contatto con il metallo fuso a oltre 900 gradi avrebbe generato una forte esplosione con gas, puzza insopportabile, tracce e chili di scorie. Gli operai in turno hanno riferito di non aver visto né sentito nulla, fatta eccezione per una fumata bianca promanata dal forno grande alle 19,20 che andò in blocco.

"Capita se il rottame è sporco o bagnato", la tesi dell’addetto Oscar Maggi, che lo ripristinò. L’altro addetto ai forni presente in fabbrica era Beppe Ghirardini, trovato avvelenato dal cianuro dieci giorni dopo la scomparsa del titolare. Il pg Marco Martani e l’aggiunto Silvio Bonfigli finora hanno sostenuto che Giacomo, in forte contrasto con lo zio per la gestione della fabbrica, mise a segno il progetto di ucciderlo e poi lo trasportò all’esterno infilandolo nel baule della sua Porsche Cayenne. Sentito il consulente delle parti civili, Giorgio Portera, che ha però riportato in auge la fattibilità di un’eliminazione nel forno, una tesi avallata dai periti, il presidente della Corte Roberto Spanò ha deciso di esplorare la pista alternativa, organizzando appunto un test con l’animale "più compatibile con l’uomo". Non c’è stato alcuno scoppio, ma una fumata bianca come a Marcheno.