Sparito in fonderia a Marcheno, svolta inattesa: il teste fa saltare l’alibi all’imputato

Caso Bozzoli, slitta l’udienza del gip per il nipote accusato di omicidio e distruzione di cadavere. Dal pm la deposizione dell’operaio che vide la vittima: finestra di un quarto d’ora di tempo per il delitto

Giacomo Bozzoli

Giacomo Bozzoli

Marcheno (Brescia), 30 ottobre 2020 - A cinque anni dalla scomparsa di Mario Bozzoli, l’imprenditore che l’8 ottobre 2015 sparì dalla sua fonderia di Marcheno, di processo per il nipote Giacomo, unico imputato dell’omicidio premeditato e della distruzione del cadavere dello zio, ancora non si parla. Dopo il rinvio di giugno, l’udienza preliminare prevista ieri è stata posticipata un’altra volta. La Procura nelle scorse settimane ha depositato altri atti integrativi d’indagine. In particolare la testimonianza dell’operaio senegalese Aboagje ‘Abu’ Akwasi, presente in fonderia la sera del mistero. Inizialmente tra gli indagati e di recente risentito come persona informata dei fatti, ‘Abu’, l’ultimo ad aver visto Bozzoli prima che si smaterializzasse, ha in parte modificato la ricostruzione dei movimenti in fabbrica del titolare, anticipando di una quindicina di minuti l’orario in cui raccontò di averlo incrociato. Bozzoli alle 19,12 telefonò alla moglie (‘Mi cambio e arrivo’). Poi si sparì.

La difesa ha chiesto tempo per esaminare le carte e il gup, Alberto Pavan, ha riconvocato le parti il 16 novembre. Un rinvio cui si erano opposti l’accusa (il pg Marco Martani e l’aggiunto Silvio Bonfigli) e le parti civili (la moglie di Mario, Irene Zubani, con i figli Claudio e Giuseppe, presenti con l’avvocato Vanni Barzellotti), stanchi di attese. Ma la signora Irene stringe i denti: "La speranza è quella di sempre – sospira –, che si raggiunga la verità. Ho fiducia come sempre, come l’ho da cinque anni a questa parte". Alle oltre 20mila pagine di fascicolo il 21 settembre la Procura ne ha aggiunte tredici con le dichiarazioni di ‘Abu’, chiamato a chiarire una frase intercettata il 15 ottobre 2015 durante una conversazione in auto con il collega Oscar Maggi, a sua volta di turno in fonderia la sera della scomparsa. "Se Beppe parla e dice cose sbagliate sono guai", si dissero i due. Beppe è Beppe Ghirardini, l’operaio trovato avvelenato dal cianuro il 18 ottobre seguente tra i monti di Case di Viso, a Ponte di legno. Il protagonista di un giallo nel giallo, sul quale è stata aperta un’inchiesta parallela per istigazione al suicidio che la Procura intende archiviare (ma la famiglia il 23 dicembre, davanti al gip, si opporrà e chiederà nuove indagini). ‘Abu’, come ha fatto Maggi, ha minimizzato quella frase, sostenendo che non vi fosse un riferimento specifico a Bozzoli.

Nell’immediatezza dei fatti raccontò di averlo incrociato alle 19,30 mentre, finito il turno, si dirigeva dal reparto rottami allo spogliatoio. Bozzoli però non si cambiò mai, i suoi abiti puliti sono rimasti appesi. L’operaio, ai comandi di un muletto per spazzare il piazzale, disse di aver guardato l’orologio mentre lo vide andarsene. Ma ora ha ritrattato: l’incontro avvenne un quarto d’ora prima, pare. Un cambiamento che corrobora la tesi accusatoria secondo cui l’imprenditore fu eliminato nello spogliatoio, o durante il tragitto dai rottami. Le telecamere della zona furono misteriosamente spostate a differenza di tutte le altre. Quelle puntate sugli ingressi della fabbrica , da cui l’imprenditore non uscì, ripresero la Porsche Cayenne di Giacomo andarsene alle 19,27, rientrare pochi minuti dopo, e andarsene di nuovo. A bordo c’era il corpo dello zio, ritiene chi indaga, ucciso dal nipote con cui aveva forti screzi per affari. La Procura il 16 ottobre ha depositato l’audizione di Ermes Bresciani, l’operaio che condivideva lo spogliatoio con Bozzoli. C’era da capire come funzionasse la serratura, a scatto, chiudibile dall’interno. Ora gli avvocati Luigi e Giovanni Frattini, che assistono Giacomo, affilano le armi. E a loro volta potrebbero depositare atti di una contro-indagine.