Bozzoli, il processo spacca la famiglia. Il grido del fratello: "Siamo innocenti"

Marcheno, parla Adelio: "Nessun omicidio". E ora scatta la battaglia legale sul presunto suicidio dell’operaio

Adelio Bozzoli

Adelio Bozzoli

Marcheno (Brescia), 12 dicembre 2020 - È il doppio giallo della Valtrompia. Due misteri che fin dall’inizio hanno dato l’impressione di scorrere in parallelo, senza che sia mai stato possibile provarne l’intreccio. Una voce, quella di Adelio Bozzoli. "Non ho più parole da esprimere. Siamo innocenti". Usa la prima persona plurale, lui, non toccato dalla inchiesta che ha invece coinvolto i due figli: Giacomo è stato rinviato a giudizio per l’omicidio dello zio Mario Bozzoli e la distruzione del cadavere, mentre la posizione di Alex, indagato per gli stessi reati, è stata archiviata. Adelio è il fratello maggiore di Mario, titolare con lui della fonderia di Marcheno. Parla come se portasse su di sé il peso doloroso di tutto questo. Come se parlasse anche a nome del figlio che andrà davanti ai giudici. "Niente. Non è stato commesso nulla. Due anni fa ho perso mia moglie. Che venga giù dal cielo a farmi qualcosa se non è vero quello dico. Sono passati più di cinque anni. Abbiamo continuato a lavorare. Siamo qui anche oggi, io e i miei figli. A lavorare". Enigmi alla faticosa ricerca di un approdo. Per uno, la scomparsa, la smaterializzazione di Mario Bozzoli, la sera dell’8 ottobre 2015, nella sua azienda, cade un punto fermo: il processo a Giacomo Bozzoli inizierà il 14 gennaio del prossimo anno davanti alla Corte d’Assise di Brescia. L’altra faccia del mistero si chiama Giuseppe Ghirardini. Uno dei veterani della fonderia. Alcuni giorni dopo la scomparsa del principale, viene ritrovato morto in una zona solitaria a Case di Viso, sopra Ponte di Legno. Ha nello stomaco una “ghianda” di cianuro, intatta.

Un’altra ha sprigionato il suo contenuto letale. Di questa morte si tornerà a parlare fra pochi giorni. Il 23 dicembre verrà discussa davanti al gip l’opposizione dei familiari di Ghirardini alla richiesta della procura generale di Brescia di archiviazione del procedimento che vedeva Alex e Giacomo Bozzoli indagati per istigazione al suicidio. L’avvocato generale Marco Martani non aveva ritenuto sufficienti gli elementi che componevano il quadro indiziario. Parenti e conoscenti di Ghirardini avevano escluso uno stato di depressione. Dalla perquisizione nella sua abitazione erano usciti 4.800 euro in contanti, fra cui otto banconote da 500 euro messe in circolazione in Austria, un Paese con cui Giacomo aveva rapporti. Claudio Bozzoli, figlio di Mario, aveva riferito ai carabinieri di avere appreso che Oscar Maggi, operaio della fonderia, era stato avvicinato da Giacomo. Per il suo silenzio su quanto accaduto la sera dell’8 ottobre, gli aveva prospettato, in alternativa, una grossa somma o di fare del male al figlio della sua compagna. Per la procura generale non sono emerse "concrete pressioni" fatte su Ghirardini dai fratelli Bozzoli o da "altri soggetti" perché si togliesse la vita. Nessuno seguì Beppe nelle sue ultime ore, nessuno era accanto a lui quando ingerì la capsula di cianuro. L’ipotesi di suicidio è sempre stata respinta dai familiari. "Beppe - dice Giacomina, la più battagliera delle quattro sorelle - non si è ucciso. Lo griderò finché avrò fiato. Sono le parole che ho sempre detto. Non sono soltanto io a dirlo. C’è tutta la Valtrompia che sta aspettando la verità".