La feroce mafia nigeriana nell’occhio dei magistrati: in sedici rinviati a giudizio

Dalle confraternite studentesche alla «cupola» su base etnica. Bande criminali feroci che gestiscono a colpi di machete e riti macabri il mondo dello spaccio e della prostituzione, stampano documenti falsi, clonano carte di credito, rubano, organizzano viaggi verso l’Italia per connazionali clandestini. È la mafia nigeriana di Beatrice Raspa

Il tribunale di Brescia

Il tribunale di Brescia

Brescia, 3 novembre 2014 - Dalle confraternite studentesche alla «cupola» su base etnica. Bande criminali feroci che gestiscono a colpi di machete e riti macabri il mondo dello spaccio e della prostituzione, stampano documenti falsi, clonano carte di credito, rubano, organizzano viaggi verso l’Italia per connazionali clandestini. È la mafia nigeriana, fenomeno criminale occulto sul quale da tempo lavora la Procura di Brescia. Per gli affiliati dell’«Eiye» - in nigeriano «occhio», clan ramificato in tutta la Lombardia orientale, contrapposto ad altre formazioni quali per esempio i Black Axe radicati in Veneto - dopo una prima inchiesta del 2007 (sfociata in arresti e condanne per l’articolo 416 bis, ovvero associazione di stampo mafioso) si profila un nuovo processo. Il Pm Paolo Savio  ha chiesto il rinvio a giudizio per altri 16 nigeriani legati alla spietata gang nera. I protagonisti hanno tra i 30 e i 50 anni - tra loro c’è anche una donna - e sono domiciliati tra Borgosatollo, Ospitaletto, Torbole Casaglia, Castegnato, Paderno Franciacorta, Azzano Mella. Un’indagine nata sulla scorta della precedente, che aveva fatto finire in carcere i boss dell’organizzazione costringendo la stessa a trovare nuovi assetti interni e a reclutare nuovi adepti.

«...Tu hai scordato che noi dell’Eiye siamo in tanti e che io adesso sono il capo, sia in Italia che in Spagna» è l’avvertimento di Christian “Abure” a un connazionale, intercettato dagli investigatori - Ora a Brescia c’è una nuova squadra del gruppo. Quindi devi stare attento, perché la nuova squadra può entrare nel locale sparando o ti può accoltellare. Se non vuoi avere problemi oltre a farci entrare nel locale senza pagare l’ingresso e il conto di quel che beviamo dovrai pagare 200 euro ogni volta che ti verranno richiesti...». Per l’Antimafia e la Mobile è la prova che la «cupola» nonostante il duro colpo inferto anni fa non si è affatto sciolta ma ha continuato ad operare sul territorio con modalità violente e sanguinarie. In anni di lavoro gli inquirenti hanno scoperchiato una realtà sconcertante, fatta di riti di iniziazione crudeli, richieste di «pizzo», intimidazioni e ritorsioni efferate - anche con punizioni corporali - nei confronti di chi non si piega ai diktat del clan o osa mettersi in concorrenza.

Nate in Nigeria come confraternite studentesche, le gang si sono trasformate in spietate bande criminali, che l’Africa ha dichiarato fuori legge, e poi si sono impiantate in tutta Europa al seguito dei flussi migratori. Gli affiliati stando agli inquirenti praticano affiliazioni occulte e riti raccapriccianti - per esempio bere sangue dopo essersi tagliati le braccia - osservano regole stringenti: omertà, obbedienza assoluta alle direttive dei vertici, versamento periodico obbligatorio di denaro per finanziare i gruppi locali o la «casa madre» si procurano nuove reclute usando metodi brutali ed eliminano gruppi rivali a colpi di machete o armi da sparo. L’affiliazione costa 600 euro ed è una schiavitù a vita. Mette l’adepto a disposizione della gang a favore della quale deve lavorare dedicandosi alla commissione di una serie di reati, dal traffico degli stupefacenti alla gestione della prostituzione passando per l’immigrazione clandestina.