Mafia, beni confiscati in aumento "Ma le vittime non denunciano"

Prevenzione e contrasto alla criminalità organizzata: luci e ombre sull’attuazione della legge regionale. Pochissime le richieste di supporto da parte di chi subisce usura o altri reati-spia delle infiltrazioni

di Federica Pacella

Pochissime denunce o richieste di supporto per le vittime di usura, ma dall’altra parte i beni confiscati alla mafia sono in aumento. Sono numeri che sembrano raccontare due realtà parallele quelli che emergono dalla Relazione sull’attuazione della legge regionale 172015 per la prevenzione e il contrasto alla criminalità organizzata, presentata in commissione antimafia lunedì.

I beni confiscati alla mafia in Lombardia comprendono 1.935 immobili in fase di gestione e 1.342 immobili destinati a enti locali: oltre 3.200 tra case, aziende, box, che fanno della Lombardia la quinta regione in Italia per beni immobili confiscati (prima nel Nord), emblema del radicamento della mafia.

Dall’altra parte le denunce e l’accesso ai fondi per le vittime della mafia sono pochissimi. Per quanto riguarda, ad esempio, le denunce di usura, uno dei principali reati spia della presenza di criminalità organizzata, nel 2019 sono state 17, pari all’8,9% del totale nazionale di 191; 21 nel 2020, pari all’8,7% del totale nazionale di 241. Per il 2020, sono state inoltre solo 4 le istanze lombarde di accesso al Fondo di rotazione presentate dalle vittime di reati di tipo mafioso, l’1% delle 410 nazionali; nel 2021 non c’è stata nessuna richiesta, nonostante a livello nazionale le domande siano cresciute del 40% (575).

Contenute anche le denunce del reato di associazione di tipo mafioso: 5 nel 2019, 9 nel 2020.

Anche al Garante regionale per la tutela delle vittime di reato, ruolo attualmente ricoperto da Elisabetta Aldrovandi, nel biennio 2020-21 non sono pervenute richieste da parte di vittime per reati di stampo mafioso e della criminalità organizzata.

"In Regione – sintetizza la relazione – si riscontrano dunque, specie negli ultimi anni, numeri relativamente bassi di delitti di matrice mafiosa, che riflettono del resto il decremento a livello nazionale degli omicidi di tipo mafioso e delle denunce di reato di associazione mafiosa: si può così comprendere più agevolmente l’assenza di istanze di assistenza e aiuto emersa".

Una lettura diversa dei dati la fornisce, invece, Monica Forte, presidente Commissione Antimafia Lombardia. "In realtà, dalla cronaca e dai processi, sappiamo bene che le vittime di mafia ci sono – spiega Forte –. Il problema è che pochi denunciano: il punto, allora, è come far arrivare questi soggetti a rivolgersi alle autorità e, di conseguenza, alla richiesta di supporto".

D’altra parte le inchieste e i processi in questi anni hanno evidenziato come le mafie al Nord si occupino sempre più spesso di fornire dei servizi illegali alle imprese, che, almeno in una fase iniziale, traggono un beneficio: questo può spiegare la ritrosia (oltre che la paura) a denunciare.