Legionella nel Bresciano, 53 casi da gennaio

A un anno dall’emergenza il bilancio è di 35 positività e 4 decessi

Varie tesi sull'origine del contagio

Varie tesi sull'origine del contagio

Brescia, 15 settembre 2019 - Si concluderà a fine mese il censimento delle torri di raffreddamento nel Bresciano. I sindaci dovranno inviare i dati ad Ats, che, nel frattempo, ha già avviato i campionamenti anti-legionella sugli impianti. Merito della legge regionale che è scaturita dall’epidemia di polmonite e legionella scoppiato lo scorso anno nel Bresciano lungo l’asse del Chiese. Ad un anno dall’inizio del caso, il bilancio è ormai definitivo e parla di 35 positività a legionella e 4 decessi legati al batterio nei 7 comuni della zona rossa (Acquafredda, Visano, Remedello, Calvisano, Carpenedolo, Isorella, Montichiari). Molti di più i casi complessivi di polmonite: 878 gli accessi al Pronto Soccorso di tutta la provincia dai primi di settembre al 18 ottobre e 105 casi di legionella identificati in tutta la provincia.

«La situazione è ormai consolidata», spiega il direttore generale di Ats Brescia Claudio Sileo. Ciò non vuol dire che non ci siano più stati pazienti con legionellosi. Da inizio anno se ne sono contati 53, numero che (come accade in tutta la regione) è in leggero aumento rispetto ai 64 del 2017, ai 48 nel 2016 ed ai 39 nel 2015, per effetto delle maggiori diagnosi. Cinque si sono conclusi con decesso legato al batterio, che ha peggiorato il quadro già compromesso di pazienti anziani. Non è stato però individuato un cluster, ovvero una concentrazione tale da portare a parlare di nuova epidemia. «Dal punto di vista sanitario, sia per polmoniti che per legionella, possiamo dire che non c’è una sequela».

Caso chiuso, dunque, anche per la Procura, che ha archiviato le indagini. La pistola fumante, tuttavia, non è mai stata trovata, nonostante le analisi massicce sui due indiziati principali: le torri di raffreddamento ed il fiume Chiese. Forse proprio l’assenza di un colpevole ‘ufficiale’, però, alimenta la tesi, mai del tutto scomparsa tra la gente e sui social, secondo cui tutto sia stato generato dall’inquinamento. «Fanghi e gessi non c’entrano – sottolinea Sileo – e le discariche generano problemi di natura chimica, non batteriologica. Il fatto che sia accaduto in un’area ben nota per le quantità di discariche ha fatto sì che ci fosse questa correlazione. Purtroppo Brescia è talmente ricca di situazioni ambientali critiche, che in qualunque posto fosse avvenuta l’epidemia, sarebbe stato facile imputarla a qualche problema ambientale».

Una questione delicata, che emerge ogni volta che si parla di problemi sanitari, tanto che Sileo invita le istituzioni, sindaci in primis, a non assecondare «l’ansia che porta a dimenticare il rigore scientifico. Il caso legionella è servito a porre l’attenzione sul fatto che l’ambiente conta, ma maneggiare i dati epidemiologici non è cosa semplice. Brescia è una provincia con problemi ambientali, ma ha fortuna di avere sistema sanitario efficace: nel bilancio bisogna considerare tutto».