Jessica uccisa, l’amico a processo

All’udienza preliminare i genitori si sono costituiti parte civile contro il 52enne accusato dell’omicidio

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di Beatrice Raspa

In aula, davanti al gup Alessandra Sabatucci, ieri c’erano entrambi. Giovanni Mantovani, il padre di Jessica, la 37enne di Villanuova sul Clisi, trovata morta il 13 giugno 2019 nel canale della centrale idroelettrica di Prevalle, che si ritiene uccisa in circostanze mai chiarite. Mantovani da anni dà battaglia per avere giustizia. E sul fronte opposto, sul banco degli imputati, Giancarlo Bresciani, l’amico 52enne della vittima, l’unico accusato dell’omicidio, per il quale ieri appunto si è aperta l’udienza preliminare.

Jessica, nessuna relazione stabile, problemi di tossicodipendenza, il pomeriggio del 12 giugno di tre anni fa si era fatta accompagnare in auto dal padre proprio a casa del cinquantenne, al quale era legata dal comune consumo di cocaina.

Alle 20.30, usando il cellulare di Bresciani - lei non l’aveva - la 37enne richiamò il genitore per farsi venire a prendere. Il signor Giovanni si liberò solo un’ora più tardi e chiese alla figlia di attenderlo, ma quando si mosse l’imputato gli riferì che Jessica era già uscita per conto proprio. "Non so che fine abbia fatto", ha ripetuto lui.

L’ultimo ad averla vista viva, ritiene l’accusa, secondo cui ha certamente mentito. Il giorno seguente Jessica fu ripescata nel fiume con il naso e due costole rotte. Morta per un pestaggio, ha decretato l’autopsia.

Ieri in udienza si è registrata la costituzione di parte civile dei coniugi Mantovani, i genitori della donna, rappresentati dagli avvocati Marino Colosio e Francesca Scaiola.

La difesa dell’imputato ha invece eccepito l’inutilizzabilità delle intercettazioni perché a suo dire depositate tardivamente, a indagini chiuse, ma il giudice ha rigettato l’istanza.

Ha chiesto di affrontare il processo con rito abbreviato (opzione tuttora praticabile per Bresciani, che risponde di omicidio volontario senza aggravanti, a dispetto della recente riforma che ha reso i riti alternativi off limits per i reati puniti con l’ergastolo, quale è per esempio appunto l’omicidio aggravato).

Nel procedimento il pm Gianluca Grippo aveva iscritto al registro degli indagati per concorso in omicidio anche un venticinquenne di Prevalle, vicino di casa di Bresciani, dal quale si recava spesso per sniffare e consumare sesso a pagamento con la vittima.

A metterlo nei guai era stata una chiazza di sangue con il profilo genetico misto a quello di Jessica trovata nella stanza da letto del cinquantenne. La sua posizione tuttavia è stata archiviata perché per il gip - come già per la Procura - era impossibile correlare con certezza la traccia all’omicidio, ben potendo la stessa essere collegata ad altra circostanza. La famiglia di Jessica, che si era già opposta all’archiviazione della posizione del 25enne senza successo, ha presentato un nuovo reclamo al Tribunale. Se ne discuterà il prossimo 13 aprile.