Iseo, l'omicidio di Nadia Pulvirenti "era evitabile"

Delitto al Clarabella, la Procura chiede il processo per vertici e medici

I carabinieri durante i rilievi sul posto

I carabinieri durante i rilievi sul posto

Brescia, 11 maggio 2019 - "Sottovalutazioni",  "errori", "assenza di contromisure". Per la Procura i datori di lavoro di Nadia Pulvirenti, la venticinquenne terapista di Castegnato uccisa a coltellate il 24 gennaio 2017 da un paziente psichiatrico alla Cascina Clarabella di Iseo, non hanno impedito una tragedia evitabile, dunque dovranno risponderne. Il pm Erica Battaglia ha chiesto il processo per le cinque persone coinvolte dall’inchiesta bis sull’omicidio.

Si parla del direttore del Dipartimento di Salute mentale di Iseo Andrea Materzanini, (responsabile del programma di ospitalità leggera alla Cascina Clarabella), del responsabile del centro psicosociale Giorgio Callea (direttore della residenzialità leggera), della psichiatra Annalisa Guerrini (responsabile del Cps di Rovato e del piano terapeutico del paziente che ha ucciso Nadia). E ancora, del datore di lavoro della vittima, Claudio Vavassori (presidente del cda della cooperativa Diogene), e della sua collaboratrice Laura Fogliata. Per tutti l’accusa è di concorso colposo nella commissione del delitto.

Stando alla ricostruzione accusatoria, gli imputati hanno sottovalutato la pericolosità di Abderrahim El Mouckhtari, 56enne marocchino affetto da disturbo delirante, e non hanno preso le necessarie contromisure per impedire che si impadronisse di un coltello e lo usasse contro la giovane. "Non so perché l’ho fatto, non mi ricordo niente – ha detto l’uomo quando è stato bloccato – So solo che con Nadia avevo un rapporto bellissimo". Dichiarato incapace di intendere e di volere, El Mouckhtari dal processo è uscito assolto. Dovrà rimanere per dieci anni nella Rems di Castiglione delle Stiviere.

Se per lui la vicenda giudiziaria è conclusa, non lo è appunto per Materzanini, che gestiva il programma di ospitalità leggera al quale partecipava il paziente: per il pm non avrebbe garantito la sicurezza degli operatori né capito la reale pericolosità del 56enne. Stessa cosa per Callea, direttore della residenzialità leggera, che non avrebbe predisposto un programma terapeutico e farmacologico adeguato a contenerlo. Per la psichiatra Guerrini, responsabile del piano terapeutico, che non avrebbe colto e segnalato eventi sentinella.

Chiesto il rinvio a giudizio anche per il datore di lavoro di Nadia, Claudio Vavassori, presidente del cda della cooperativa Diogene, accusato di non aver redatto un giusto piano di valutazione dei rischi per le figure professionali operanti alla Cascina Clarabella né di aver formato il personale alla gestione della violenza, così come per la collaboratrice Fogliata, che non avrebbe programmato ed eseguito una sorveglianza sanitaria giusta.

"Per la famiglia di Nadia questa sarà l’ultima occasione per ottenere giustizia – spiega l’avvocato Michele Bontempi, che assiste i Pulvirenti -. La madre, il padre, il fratello e il convivente hanno già in mente di chiedere la costituzione di parte civile".