"Interi settori in mano al crimine Occorre una reazione più forte"

La Dia nel secondo semestre 2021 ha contato 25 “locali“, strutture di coordinamento delle ’ndrine. Il radicamento della ’ndrangheta in Lombardia è confermato dalle indagini e da ben 27 interdittive

Migration

di Federica Pacella

Venticinque locali, strutture di coordinamento delle ‘ndrine, tra le province di Milano, Como, Monza Brianza, Lecco, Brescia, Pavia e Varese. Una mappatura che "deve ritenersi solo indicativa, poiché le consorterie che operano nella regione non sempre replicano il modello di controllo del territorio tipico delle organizzazioni di riferimento dell’area d’origine. Peraltro – scrive la Direzione investigativa antimafia nella relazione sul secondo semestre 2021 appena pubblicata – l’operatività di molti gruppi risente anche dell’azione di contrasto che talvolta ne annulla o indebolisce l’efficienza, sebbene le consorterie siano caratterizzate da un particolare dinamismo sul territorio e dalla capacità di rigenerazione e rinnovamento strutturale".

Il radicamento è confermato sia dalle indagini, che nel semestre in questione hanno riguardato soprattutto la ‘ndrangheta, sia dalle interdittive antimafia: delle 27 disposte dalle Prefetture in tutta la Regione (sulle 171 del biennio 2020-2021), 20 hanno riguardato società con profili di criticità riconducibili alla criminalità organizzata calabrese (3 a quella campana, 2 alla criminalità organizzata siciliana). Indagini e processi hanno permesso di ricostruire l’operatività della ‘ndrangheta che, in Lombardia, vede la principale struttura organizzativa nella camera di controllo denominata appunto “La Lombardia“, sovraordinata ai locali presenti nella regione e in collegamento con la casa madre reggina (“crimine“).

"Il radicamento della ‘ndrangheta non stupisce – spiega Nando Dalla Chiesa (nella foto), docente dell’Università Statale di Milano ed esperto di criminalità organizzata – perché è nel Dna di questa organizzazione criminale. La maggiore presenza di locali nella zona Ovest della Lombardia dipende da ragioni diverse. La Dda di Milano è più strutturata (Brescia è sede di Dda solo dal 2015, ndr). Inoltre la Lombardia occidentale è stata l’area di destinazione maggiore dell’immigrazione calabrese, usata in modo parassitario dalla ‘ndrangheta per insediarsi". Nonostante le indagini evidenzino il radicamento, le denunce restano poche. "Il problema a monte è che non c’è consapevolezza del problema, altrimenti ci sarebbe una reazione più forte da parte degli amministratori. Manca la percezione di dover denunciare qualcosa che sta cambiando la società".

Interi settori economici sono insidiati (vedasi la sanità post-Covid) se non in mano alla ‘ndrangheta, come il movimento terra. In altri casi, come lo smaltimento dei rifiuti, sembra esserci una forte connivenza con una certa parte dell’imprenditoria. "Lì è difficile capire – prosegue Dalla Chiesa – quanto sia la ‘ndrangheta in sé o l’imprenditoria sconsiderata che si avvale della ‘ndrangheta. Per un po’ è stata esclusa la presenza della criminalità organizzata, ma c’è da dire che un imprenditore, da solo, certe cose non le fa: non rischia di incendiare due volte di fila lo stesso sito e, se lo fa, è perché sa di godere su una certa impunità. Qui si incontrano l’imprenditoria spregiudicata, già sul filo della criminalità, con soggetti che possono fornire servizi, “proteggere“ e che diventano i garanti principali di un sistema".