Inquinamento Caffaro a Brescia, c’è nuovo fascicolo

Terzo procedimento aperto dalla Procura per mancato smaltimento di 12 trasformatori contenenti alta concentrazione di Pcb

Due degli indagati: il dg Alessandro Francesconi e il titolare Donato Antonio Todisco

Due degli indagati: il dg Alessandro Francesconi e il titolare Donato Antonio Todisco

Brescia, 6 novembre 2019 - E tre. C’è un nuovo procedimento aperto dalla Procura per le emergenze ambientali generate dalla Caffaro, nelle scorse settimane di nuovo nel mirino degli inquirenti per sospetti sversamenti di cromo esavalente e mercurio, una vicenda per cui sono stati aperti due fascicoli a carico di otto persone. Nelle scorse ore i vertici di Brescia Caffaro srl, cui già è stato notificato un avviso di garanzia per inquinamento ambientale e gestione non autorizzata dei rifiuti, hanno ricevuto una citazione diretta in giudizio

Motivo: non avrebbero smaltito dodici trasformatori contenenti un’elevata concentrazione di Pcb, i tossici policlorobifenili prodotti dallo stabilimento chimico bresciano dagli anni Trenta agli anni Ottanta prima di essere dichiarati fuori legge. A firmare il decreto è stato il pm Carlo Pappalardo, che contesta di nuovo l’articolo 256 del Codice ambientale, ovvero attività di gestione di rifiuti pericolosi non autorizzata. Nel rispondono consiglieri e amministratori della società attuale, ovvero Donato Antonio Todisco e Alessandro Quadrelli, rispettivamente il proprietario di Caffaro Brescia srl e l’amministratore delegato, il direttore generale Alessandro Francesconi e il direttore dello stabilimento di via Milano Vitantonio Balacco. Citata ai sensi della legge 231 (per la responsabilità amministrativa) anche l’azienda. 

Nel mirino ci sono dodici vecchi trasformatori zeppi di Pcb scoperti dall’Arpa nel corso delle precedenti ispezioni, nove utilizzati per il ciclo produttivo attuale e tre invece per la messa in sicurezza della falda acquifera. Caffaro li aveva ricevuti nel 2011 in comodato d’uso dalla vecchia gestione – in origine erano 14 – e dal 2009 sulla scorta di uno specifico decreto legge aveva l’obbligo di dismetterli ma le bombe al veleno sono ancora lì. Solo due sono stati smaltiti. «Non potevamo sospendere la generazione di elettricità», si sarebbero giustificati gli indagati – ora imputati – ma la magistratura la vede diversamente.

Il polo chimico industriale, tuttora in attesa di bonifica, è sotto la lente anche del pm Donato Greco per la recente scoperta di perdite di cromo esavalente da quattro cisterne di cemento e per fuoriuscite di mercurio nell’ex capannone per la lavorazione del cloro soda. Il primo inquinante percolerebbe da vasche e rubinetti all’interno del perimetro aziendale della porzione di fabbrica ancora attiva – la Provincia ha ritirato l’autorizzazione integrata ambientale, atto impugnato davanti al Tar – e in questo fascicolo sono stati iscritti al registro degli indagati appunto Donato Antonio Todisco, Alessandro Quadrelli, Alessandro Francesconi e Vitantonio Balacco. E ancora, per le infiltrazioni di mercurio fuoriuscito da tubature e cisterne abbandonate nel capannone 24, area al centro del Sito di interesse nazionale (Sin) finito sotto sequestro, sono sotto inchiesta il commissario straordinario Roberto Moreni con il commissario liquidatore della ex Snia, Marco Cappelletto, insieme a Fabrizio Pea, liquidatore della vecchia Caffaro prima che subentrasse l’amministrazione straordinaria, e il delegato ambientale e sicurezza dellA ex Snia in liquidazione Alfiero Marinelli

Le ultime relazioni dell’Arpa avrebbero evidenziato un nesso causale tra l’attività dell’impianto e la contaminazione delle matrici ed entrambi gli inquinanti sarebbero già stati trovati in falda. Ma gli inquirenti intendono ripetere i carotaggi, accertamenti irripetibili per permettere i quali si è reso necessario – è stato detto – procedere con le iscrizioni delle otto persone.