Inchiesta Leonessa, il direttore dell'Agenzia delle Entrate nega: "Mai prese tangenti"

Dichiarazioni spontanee di Biondi durante l'interrogatorio davanti al gip

Gli inquirenti

Gli inquirenti

Brescia, 29 settembre 2019 - Qualcuno ha ammesso, qualcuno ha negato qualsiasi responsabilità, altri invece hanno deciso di prendere tempo e rimanere in silenzio. Sono iniziati ieri gli interrogatori per i 69 arrestati nell’ambito della maxi-inchiesta Leonessa, tre indagini in una, con alcuni personaggi che compaiono in tutte e tre, dietro le sbarre per mafia, corruzione, fatture false, reati fiscali e indebite compensazioni.

Davanti al gip, Carlo Bianchetti, che sposando la ricostruzione del pm Paolo Savio e del procuratore Carlo Nocerino li ritiene responsabili a vario titolo di corruzione, abuso d’ufficio, induzione indebita e traffico di influenze illecite, sono comparsi il direttore dell’Agenzia delle entrate Generoso Biondi, il funzionario Alessandro Di Domenico e uno dei finanzieri arrestati, Francesco Liguoro. Biondi si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma ha reso dichiarazioni spontenee con le quali ha negato qualsiasi addebito. «Il mio assistito non ha mai preso un euro di tangente e lo dimostreremo fornendo una serie di documenti – ha spiegato l’avvocato Stefano Forzani che lo assiste –. La sua figura è inserita in un sistema di controllo, ogni sua decisione non è presa in autonomia, è estraneo a qualsiasi accusa e molto provato, oltre ad avere problemi di salute in quanto cardiopatico». Sulla scorta di questo, ma anche della sospensione dal suo ruolo direttivo che rende impossibile la reiterazione del reato, il legale ha chiesto i domiciliari.

Il nome di Biondi nelle carte è associato a quello del funzionario Di Domenico, che invece ieri ha scelto il silenzio, e a quello del finanziere Liguoro. Il trio, ritiene l’accusa, si sarebbe diviso una mazzetta da 60mila euro allungata dall’imprenditore Giovanni Fervorari, titolare di un’azienda di Rodengo del settore rottami, per farsi abbattere una cartella esattoriale milionaria. Anche Fervorari ieri è stato ascoltato dal gip e ha reso la sua versione, così come il maresciallo Liguoro, che ha reso le prime ammissioni. «Il mio assistito ha ricostruito con franchezza le sue condotte» ha spiegato l’avvocato Gianbattista Scalvi all’uscita da Canton Mombello. Condotte che per l’accusa erano abituali e perduranti al punto da essere diventate uno stile di vita, condiviso dal gruppo.

La mazzetta, la cena pagata, il favore e il regalo erano una moneta di scambio usuale per aggiustare cartelle esattoriali, dicono gli inquirenti, evitare o ammorbidire controlli. Biondi risponde pure di un paio di abusi d’ufficio per avere incaricato sottoposti di chiudere un occhio su accertamenti e di fargli favori personali (come scontare il canone Rai alla figlia). In carcere, coinvolto dall’ipotesi corruttiva, c’è anche un secondo finanziere, Antonio Pavone - già vicecomandante della Tenenza di Pisogne - e un commercialista bresciano, Mauro Rigamonti, coinvolto anche nell’inchiesta per associazione mafiosa. E ancora, tra chi è stato sentito dal gip, l’imprenditore Davide Janos Trombetta, accusato sia nel filone corruttivo sia in quello dei reati fiscali e delle indebite compensazioni, che si è avvalso della facoltà di non rispondere.