In Lombardia 27.500 profughi: il Bresciano ne ha accolti oltre 5.100

Dominika, polacca da anni residente a Milano, collabora con la parrocchia di Rebbio: "C’è sempre bisogno di aiuti"

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Sono oltre 27.500 i profughi ucraini, di cui 12176 minori, arrivati in Lombardia dopo l’invasione russa del 24 febbraio. Il numero (precisamente 27.586) arriva dal monitoraggio dell’assessorato al Welfare della Regione sugli accessi alle Ats, anche se la fotografia non è completa, perché fino all’11 marzo non tutte le Ats avevano attivato un sistema di raccolta dati. Al 3 aprile, il territorio con il maggior numero di ucraini risulta essere sempre quello di Ats Milano, con 7603 persone, di cui 2674 sotto i 18 anni (di questi, 123 non accompagnati), seguito dal Bresciano con oltre 5100 e da Ats Insubria con 4741 ucraini. La maggior parte (17.012) sono accolti in famiglie; solo 350 sono invece in strutture prefettizie (Cas), poco più di 1500 presso il terzo settore, anche se i numeri sono parziali, visto che non tutte le Ats hanno accordi con le Prefetture.

Dal confronto con i report precedenti si registra un rallentamento degli arrivi: le presenze aumentano, ma non così rapidamente come nelle prime settimane. Tra il 25 ed il 28 marzo, in soli 3 giorni, ai presìdi ospedalieri lombardi si erano rivolti infatti 3621 ucraini; dal 28 marzo al 3 aprile, in 6 giorni, “solo” 3331. Un fenomeno che è stato, in effetti, registrato anche da parte dei volontari che si stanno impegnando sia nell’invio di aiuti che nel mettere in contatto profughi e famiglie disponibili all’accoglienza. Dominika Stelmaszuk, originaria della Polonia ma da anni residente a Milano, collabora con la parrocchia di Rebbio e i punti di accoglienza a Chelm, sua città di origine alla frontiera tra Polonia e Ucraina. "Quello che notiamo – spiega – è che molti restano in Polonia o al massimo vengono in Italia per riprendere le forze, per poi tornare alla frontiera. I motivi? Conta il sistema di aiuti messo in piedi dalla Polonia per le pratiche burocratiche, ma anche la vicinanza linguistica, che consente di trovare lavoro più facilmente. Io, dal mio punto di osservazione, noto che nonostante ci siano molte famiglie che vogliono accogliere, i trasporti non vengono avviati per mancanza di un impegno ufficializzato per iscritto, necessario per garantire la trasparenza e sicurezza dell’accoglienza all’estero". Senza un supporto organizzativo e canali di informazione sull’accoglienza all’estero, nell’emergenza rischiano di annidarsi insidie per i più fragili. "Capitano casi di genitori rimasti a difendere il Paese, che cercano figli scomparsi nel caos di fuga. Per le donne, c’è la preoccupazione che vengano poi “usate“, nel migliore dei casi per lavori domestici". Quello di cui c’è sempre bisogno sono gli aiuti per l’Ucraina e per chi è alla frontiera in attesa di capire cosa fare. "Collaboro con il punto di raccolta di via Lambro 17 di Mariano Comense, avviato da Vadim Gluhov, italo-ucraino, che ha già raccolto oltre 100 tonnellate di beni con 80 volontari.Federica Pacella