Green Hill, si avvicina l'appello. La Lav: "Pene più severe"

Con l’hastag #iostoconibeagle, la Lav sollecita le famiglie che hanno accolto i circa 3mila cani, e tutta l’Italia civile, a difendere i beagle liberi

Un cucciolo di beagle (foto repertorio)

Un cucciolo di beagle (foto repertorio)

Brescia, 16 febbraio 2016 - E' previsto per il 23 febbraio il processo d’appello a Green Hill, l’allevamento di beagle destinati alla sperimentazione, denunciato dalla Lav nel 2012: l’Italia civile chiede una più severa condanna dei responsabili, rispetto a quella già inflitta in primo grado per maltrattamenti e uccisioni di animali al veterinario Renzo Graziosi e a Ghislane Rondot (co-gestore di “Green Hill 2001”), entrambi condannati a 1 anno e 6 mesi, e a Roberto Bravi, direttore dell'allevamento, condannato a un anno. L’attesa è grande, perché nell’ipotesi che la sentenza di primo grado venisse ribaltata dal Collegio giudicante di secondo grado, i beagle potrebbero tornare nella disponibilità dell’Azienza che potrebbe portarli appena fuori dal confine italiano e utilizzarli per prelievo di sangue e plasma, come accadeva prima del sequestro dei cani, secondo quanto emerso in fase processuale dalla testimonianza di Ghislane Rondot.

Con l’hastag #iostoconibeagle, la Lav sollecita le famiglie che hanno accolto i circa 3mila cani, e tutta l’Italia civile, a difendere i beagle liberi da Green Hill in questa fase processuale cruciale, ritrovandosi martedì 23 febbraio (a partire dalle 9:30) davanti al Tribunale di Brescia per chiedere, in modo pacifico, la certezza di una condanna severa per i responsabili delle uccisioni e dei maltrattamenti all’interno dell’allevamento di cani destinati alla sperimentazione.

“Saremo presenti in Aula per ottenere una nuova condanna esemplare che, in primo grado, ha già inflitto a Green Hill tre significative condanne per maltrattamenti e uccisione di animali, con sospensione dell’attività per due anni e confisca dei cani -  ha detto la Lav – Green Hill, che per legge in Italia non potrà riaprire perché il Decreto Legislativo 26/2014 ha finalmente vietato l’allevamento di cani a fini sperimentali, in caso di esito favorevole di questo secondo grado di giudizio potrebbe pretendere la restituzione dei beagle e portarli fuori dai nostri confini nazionali”. E ancora: “Abbiamo fiducia nella giustizia: sono numerosi e solidi gli elementi di prova che documentano uccisioni e maltrattamenti senza necessità, così come controlli inadeguati - tanto che il prossimo 9 marzo si aprirà il processo ‘Green Hill bis’ a carico di veterinari Asl e dipendenti dell’allevamento - e il mancato rispetto dell’etologia degli animali". E ha concluso con una serie di domande: "La temuta ipotesi di restituzione dei beagle a Green Hill è inammissibile e illogica sotto vari aspett. Come sarebbe possibile rimettere i beagle nelle mani di chi li ha soppressi con iniezioni di Tanax somministrato senza pre-anestesia, causa di indicibili sofferenze o ha scientemente deciso di non curarli adeguatamente quando malati di rogna, perché le cure avrebbero potuto rovinare la successiva vendita? Come si può legittimare la restituzione di cani a chi usava segatura scadente per le lettiere, causa di diversi decessi per soffocamento di circa 104 cuccioli, nonostante i dipendenti abbiano sempre negato?".