Gavardo, sessanta famiglie ostaggio del tiro a segno

Gli spari continui hanno reso la vita impossibile ai residenti che si sono costituiti in comitato: "Pronti a una causa collettiva"

Tiro a segno

Tiro a segno

Gavardo (Brescia) -  «Ci sentiamo in lockdown perenne, siamo detenuti in casa nostra". Parole dure, che Giovanna Bonomini preferirebbe non dover dire. "Ma è la realtà, per me e per le 60 famiglie che abitano attorno al tiro a segno nazionale". Siamo a Gavardo, in Val Sabbia, dove si è costituito il comitato ‘Sotto la Paina’, un’aggregazione spontanea di famiglie esasperate per un rapporto di vicinato con la locale sezione del tiro a segno nazionale. L’area demaniale, consegnata dal ministero della Difesa al Comune di Gavardo, a sua volta è stata data in comodato d’uso all’asd tiro a segno associato all’UITS nazionale. "Quando abbiamo costruito casa – spiega Bonomini – ci era stato detto che il tiro a segno sarebbe stato spostato nelle ex cave di sabbia, 40mila metri quadri a Soprazzocco di Gavardo, ormai dismessi". La precedente amministrazione ha però assegnato le ex cave ad un gruppo di motocrossisti. Di fatto, di trasferimento, per ora, non se ne parla.

La convivenza col tiro a segno, dicono i residenti, era comunque sopportabile fino ad una decina di anni fa, quando era frequentato solo da persone che facevano sport, caccia o prove per le licenze. Negli ultimi 10 anni, sono arrivati anche vigilanti, vigili della Val Sabbia e basso Garda, fino ad arrivare agli uomini della Guardia di finanza, che hanno utilizzato il tiro a segno a cielo aperto tra aprile e maggio, secondo quanto testimoniano i residenti. "Eravamo ai livelli di soglia del dolore – ricorda Bonomini – per questo abbiamo interpellato la Prefettura di Brescia, che molto cordialmente ci ha ascoltato e si è interessata del problema".

Dopo quella parentesi , i problemi non sono finiti, perché nonostante ci sia un regolamento comunale che vieta che ci siano fonti di disturbo dalle 13 alle 16 e nelle domeniche e festivi, al tiro a segno si spara sempre, anche nei week-end, tra addestramenti per le licenze, autorizzazioni all’uso delle armi e vigilanze. Sabato mattina, il comitato ha inviato un esposto ad Arpa, Ats, Comune e Prefettura, chiedendo di "intervenire con assoluta urgenza". Grazie al monitoraggio continuo richiesto da Arpa, è stato certificato "che per 80 volte in 6 mesi si è sparato fuori dal regolamento. Non è stata fatta la sanzione, perché il Ministero non ha risposto: per questo siamo pronti a denunciare l’amministrazione per inerzia". Ma il comitato è anche pronto a fare una causa per motivi di sanità pubblica, in virtù dell’articolo 32 della Costituzione. "Siamo stati tolleranti fino ad ora, ma adesso basta. Chiederemo un danno esistenziale ed anche patrimoniale, perché i nostri beni sono invalidati da troppe promesse non mantenute".