Fanghi inquinati, l’ex boss pentito: "I rifiuti? Settore tra i più difficili"

Brescia epicentro dell’inchiesta Wte, coinvolta anche la provincia di Lodi. L’ultimo caso di una lunga serie

Fanghi tossici nei campi: operazione Forestale di Brescia (Frame video)

Fanghi tossici nei campi: operazione Forestale di Brescia (Frame video)

Calcinato (Brescia) -  «Parlare di questa vicenda, come sempre nel settore dei rifiuti, è difficile. Non ho molto da aggiungere e da dire". Così Nunzio Petrella, l’ex boss pentito della Camorra, ha commentato la vicenda giudiziaria della W.t.e. la società di ingegneria coinvolta nell’inchiesta coordinata dal Tribunale di Brescia e condotta dai carabinieri Forestali, che hanno apposto i sigilli a tutte le proprietà aziendali compresi tre stabilimenti siti a Calcinato, Quinzano e Calvisano. L’accusa è quella di aver smaltito 150mila tonnellate di fanghi contaminati da metalli pesanti, idrocarburi ed altre sostanze inquinanti spacciati per fertilizzanti spacciandoli per gessi di defecazione su circa 3mila ettari di terreni agricoli nelle regioni Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna. Ad essa si aggiunge quella di molestie olfattive e di avere creato una discarica abusiva sul Benaco. Gli indagati sono quindici. Tra di essi vi è il titolare della società Giuseppe Giustacchini. Non mancano, tra i nomi che appaiono nel fascicolo, pure sei donne. Le accuse anche per loro sono pesanti, poiché appare evidente che erano a conoscenza degli illeciti che la Procura presume si siano consumati.

Una di loro, addirittura, aveva il compito di "programmare i conferimenti dei fanghi in ingresso". Non solo ne "curava l’attività analitica e programmava le miscelazioni necessarie al fine di diluire i livelli dei principali inquinanti sino a rientrare nei valori limite previsti per i gessi di defecazione". "Il fatto che siano coinvolte le donne non deve stupire – ha rimarcato Petrella –. Le donne delinquono come gli uomini. Accade anche nel settore dei rifiuti". Dagli atti emerge che gli indagati, uomini e donne sapevano, come quando una delle impiagate ha ricevuto la telefonata di uno dei contoterzisti che spargeva i liquami non depurati in cui si sente l’uomo, in relazione a uno spargimento a Montirone nel bresciano, dire alla donna "Io non so cosa cazzo avete fatto con la roba di Calvisano, ma àda (guarda n.d.r.) che qua è irrespirabile. Ti dico solo che qua è irrespi… non ci sto in cabina eh! Mi piangono gli occhi".

La risposta è stata: "Abbiamo fatto le stesse cose che facciamo da due anni". Nel fascicolo di legge che erano usate "sostanze capaci di influire sul decreto legislativo 75 del 2020" in modo da sembrare legalmente trattate. Nelle scorse ore a Bagnolo Mella, nella Bassa Bresciana, si è parlato della W.t.e. a causa del ricorso presentato dalla società per chiedere l’annullamento del "regolamento per l’impiego dei fertilizzanti di tipo B sui suoli del territorio comunale" che il Comune di Bagnolo ha approvato nel 2019". "Già allora – ha sottolineato il sindaco del paese Cristina Almici – ci eravamo opposti al ricorso. Siamo consapevoli di avere messo a difesa dei nostri campi uno strumento di difesa efficace e attento e i fatti ai quali abbiamo assistito nei giorni scorsi".

L’inchiesta in Lombardia coinvolge anche la provincia di Lodi attraverso contoterzisti che regalavano ai contadini sia la concimazione con “gessi da defecazione”, uno dei possibili prodotti dei ciclo dei fanghi, sia un’aratura. I fanghi da depurazione inquinati sarebbero stati sversati anche nei campi di Castiglione d’Adda, Casalpusterlengo e Lodi. Tra gli indagati ci sono anche due nomi noti per altre due vicende lodigiane. Si tratta di un alto dirigente dell’Aipo, già inquisito e poi assolto nel 2009 per la “Rifiutopoli lodigiana” e di un geologo che ora risulta lavoriper la Wte e che lavorava invece per la società Cre all’epoca di un’altra inchiesta sui fanghi condotta dalla polizia provinciale di Lodi. Non è la prima volta, infatti, che il Lodigiano è al centro di un traffico sospetto di fanghi agricoli. Nel 2016, la Procura di Milano accertò "innumerevoli episodi di gestione illecita" (si parla di 400 operazioni di illecito spandimento) di rifiuti operata della società Cre, in relazione ai fanghi da depurazione ritirati e gestiti dalla ditta. Più di 110mila tonnellate che tra il 2012 e il 2015 furono sversati illegalmente nelle province di Lodi, Cremona e Pavia.