“Evasione continua“, 10 condanne

L’inchiesta sulle fatture false per 268 milioni con 104 indagati. All’apice uno studio contabile di Sirmione

Migration

di Beatrice Raspa

Si è concluso con dieci condanne e quattro assoluzioni il processo per “Evasione continua due“, l’inchiesta che a gennaio aveva fatto finire in manette 26 persone e sotto inchiesta 104. All’apice di una presunta associazione per delinquere finalizzata alle frodi fiscali, all’evasione e al riciclaggio, vi sarebbe per l’accusa uno studio contabile di Sirmione gestito da Fabio Nevio Cherin, dalla compagna Giovanna Ferlighetti e dalla figlia della signora, Luisa Franzoni. Ieri il gup Andrea Gaboardi, al termine dell’abbreviato, ha inflitto a Cherin sei anni e mezzo, alla consorte 4 anni e cinque mesi (e 10 giorni), a Franzoni invece tre anni e 5 mesi. Il pm Claudia Passalacqua, titolare del procedimento nonché della precedente indagine “Evasione continua uno“ a sua volta sfociata in pesanti condanne, aveva chiesto per Cherin nove anni di carcere, per Ferlighetti e la figlia sette.

I numeri del “laboratorio di ingegneria fiscale“, a questo per la Procura si dedicavano gli esperti di contabilità, sarebbero da capogiro: fatture false emesse per 268 milioni, abbattimento dei debiti Iva per 47 milioni, Ires evasa per 58 milioni, 21 milioni di crediti fittizi ceduti e compensati illecitamente da imprenditori desiderosi di fare i furbi con le tasse.

Il trio familiare era finito in cella con commercialisti e altri professionisti. Tra loro Massimo Battezzi (ai domiciliari, coinvolto anche in “Evasione continua uno“, ritenuto riferimento numerose società cartiere del gruppo). Il pm per lui aveva chiesto sei anni con la concessione delle attenuanti generiche in virtù delle autodichiarazioni rese in fase d’indagine: il gup gli ha inflitto quattro anni e sei mesi. E ancora, sono stati condannati anche Claudio Bonera (tre anni), Cleto Berardi (un anno e 4 mesi), Michele Ruocco (un anno e 2 mesi), Ettore Trepiccione (tre anni), Raffaella Moioli (otto mesi).

Assolti invece i presunti prestanome, ovvero Filippo e Giacomo Di Virgilio Cristian Grandi e Damiano Mussio, per i quali la Procura aveva chiesto dai due ai tre anni. Nel complesso hanno scelto riti alternativi 17 imputati – tre si erano già sfilati dal procedimento patteggiando nelle scorse settimane – mentre i rimanenti sono a dibattimento.

Stando alla prospettazione accusatoria la frode si fondava, come già riscontrato in “Evasione continua uno“, sul trucchetto della cessione di pacchetti di crediti Iva falsi, asseverati da professionisti compiacenti, a una parte di imprenditoria marcia che li compensava indebitamente con i propri debiti ed era ben consapevole dell’illecito. Alcuni imprenditori infatti percepivano parte degli utili dei proventi dirottati e ripuliti all’estero, su conti aperti in Slovacchia, Ungheria, Croazia, Malta. Proventi poi monetizzati da spalloni e spartiti tra gli esponenti del gruppo.

Al sodalizio sarebbero riconducibili 126 società, di cui molte cartiere tra Brescia, Bergamo, Milano, Monza, Torino, Pavia, Alessandria, Parma, Genova, Latina, Firenze, Pesaro, Trapani, Salerno e Bari. "I promotori sono i consulenti fiscali che sfruttavano vari meccanismi: dall’accollo fiscale alle cessioni di rami d’azienda alle fusioni societarie – aveva chiarito il procuratore Francesco Prete – Il danno erariale causato è enorme, difficilmente quantificabile".