Brescia, Elena Perotti lascia il carcere per motivi di salute

La ventinovenne, condannata a otto anni per l'aggressione con l'acido all'ex fidanzato William Pezzulo, è stata appena operata ed è in cura: "Devo combattere, lo faccio per i miei figli"

Elena Perotti

Elena Perotti

Cellatica (Brescia) - Elena Perotti ha lasciato il carcere di Verziano. La 29enne bresciana, condannata a otto anni di reclusione per aver gettato insieme a un complice (Dario Bertelli condannato a 10 anni) dell’acido nel settembre del 2012 contro l’ex fidanzato William Pezzulo (per stalking nei suoi confronti in primo grado Elena ha preso altri 18 mesi), è stata scarcerata nei giorni scorsi per motivi di salute. La donna era finita in carcere lo scorso mese di maggio dopo che il tribunale dei Minorenni aveva deciso per l’adottabilità per i due figli che le erano stati tolti nei mesi precedenti. Per il tribunale di Sorveglianza le sue condizioni fisiche non erano compatibili con il carcere e quindi fino al prossimo aprile Elena Perotti resterà ai domiciliari a Ospitaletto ospite della famiglia del marito.

La 29enne è stata operata lo scorso venerdì per l’asportazione di una massa di circa 6 centimetri risultata benigna e si trova ora in cura per un’altra seria patologia molto simile. «Elena è già tornata a casa – spiega il suo legale, l’avvocato Giovanni Migliorati – i problemi di salute si sono manifestati quando le sono stati tolti i bambini. In carcere hanno detto che il forte choc ha accelerato la corsa del male».

Sembrerebbe avere reagito bene alla malattia. «Non voglio che vinca – racconta – Prima devo riavere i miei bambini». Elena Perotti a settembre dovrà tornare in aula di tribunale. Il 10 è infatti in calendario l’appello contro la decisione di toglierle i figli, mentre il 19 sarà davanti a un giudice per il processo di secondo grado per lo stalking nei confronti di Pezzulo. «Vedremo di far ribaltare il giudizio di primo grado – sottolinea l’avvocato Migliorati – Sono convinto che non vi fu stalking. Non si è mai sentito che una vittima cerchi il presunto suo aguzzino. La condanna è figlia di quella per l’aggressione».