Messa vestito da ciclista e il vescovo chiede le scuse. "Ma così la gente s’allontana"

Le Acli bresciane dopo la lavata di capo a don Fabio Corazzina per la funzione celebrata in tuta da bici

Brescia -  Stima immutata per don Fabio, ma era impossibile non intervenire. È il messaggio del vescovo di Brescia, monsignor Pierantonio Tremolada, collegatosi con il Convegno del clero in merito alla lettera pubblica con cui ha chiesto a don Fabio Corazzina di fare ammenda e chiedere scusa, scegliendo un gesto penitenziale, per la Messa celebrata a Mazara l’11 settembre "con trascuratezza e superficialità". La celebrazione, pubblicata sui social, era avvenuta durante “Percorri la pace“ in Sicilia.

Fuori luogo, per il vescovo, la tuta da ciclista indossata dal don, il modo di trattare le Sacre specie, la libertà nel formulare le orazioni e la stessa preghiera eucaristica nonché alcune battute. "So che la mia lettera lo ha rattristato – ha spiegato monsignor Tremolada – L’ho percepito quando gli ho comunicato che l’avrei scritta. Non è stato facile neanche per me. Ma quanto accaduto ha avuto una grande eco pubblica e in coscienza non poteva non richiedere da parte mia un intervento pubblico. Questo nulla toglie alla mia stima nei suoi confronti".

Un messaggio che risponde parzialmente alla lettera aperta pubblicata qualche ora prima dai partecipanti di “Percorri la pace“, promossa dalle Acli Bresciane: "Se il vescovo ha ritenuto di richiamare il don per trascuratezze, imprudenze, superficialità, come Pastore è tra i suoi compiti, ma il tono e la decisione di rendere pubblica la lettera inviandola a tutti i media ci lascia sconcertati". Quanto alla celebrazione non convenzionale, "l’impegno nel trovare linguaggi comprensibili agli uomini e alle donne di questo tempo, nel portare il Vangelo là dove altri non arriveranno mai perché hanno perso il contatto con la realtà, stravolge così tanto la fedeltà alla liturgia? Del resto, quante volte, nei campi estivi, abbiamo assistito a celebrazioni eucaristiche tenute da sacerdoti in braghini e maglietta, che avevano come altare una pietra e come ampollina un bicchiere di plastica".

Il timore è che "azioni di questo genere allontanino tante persone che nella Chiesa non cercano l’esteriorità del rito bensì la bellezza del messaggio del Vangelo, incarnato nella vita quotidiana". La richiesta è di "continuare a tenere viva la passione della custodia per don Fabio" perché "tanti “cristiani“ aspettano con una certa morbosità addirittura una sua scomunica".