Brescia, dilapida il patrimonio del figlio tetraplegico: 82enne condannato

L'uomo era stato nominato amministratore di sostegno del figlio nel 2008. Il magistrato: "Quel denaro non era suo"

In tribunale l’anziano padre è stato riconosciuto colpevole

In tribunale l’anziano padre è stato riconosciuto colpevole

Brescia - Era accusato di avere dilapidato il patrimonio del figlio rimasto tetraplegico dopo un terribile incidente. Ieri - a 82 anni - è stato condannato a tre anni e due mesi di reclusione e al pagamento di una provvisionale per danni morali di diecimila euro a beneficio della nipote, la figlia di suo figlio. Così si è concluso il processo in abbreviato nei confronti di un anziano di Vestone, che rispondeva di peculato aggravato e continuato appunto ai danni del figlio invalido, del quale nel 2008 era stato nominato amministratore di sostegno. Stando alla ricostruzione del pm Antonio Bassolino, che aveva chiesto una condanna di due mesi inferiore rispetto a quella inflitta dal gup, Matteo Grimaldi, l’imputato, dal momento della nomina fino al luglio 2015, si sarebbe impossessato a più riprese di circa 130mila euro in contanti. Avrebbe usato anche mobili, acquistati per circa 26mila euro per arredare la casa nuova del figlio, per sistemare la propria abitazione, avrebbe tenuto per sé 44.100 euro che la nipote gli aveva corrisposto per rilevare il 50 per cento dell’attività commerciale del padre.

Un ammanco tuttavia stigmatizzato dalla difesa rappresentata dagli avvocati Luigi Becheri e Jennifer Bertuzzi, secondo cui la somma incamerata non supererebbe i 62mila euro, utilizzata peraltro "unicamente per il bene della famiglia. C’erano debiti di droga del figlio da sanare, la figlia di lui che gli era stata affidata da crescere, e poi bisognava sostenere economicamente altri tre figli". Per i legali, che non ravvisavano alcun dolo nella condotta del nonnino, lo stesso meritava l’assoluzione. Di parere contrario la nipote, subentrata al parente in veste di amministratrice di sostegno del padre e costituita parte civile con l’avvocato Sandro Mainardi. Una tesi sostenuta anche dalla procura. "Quei soldi non erano suoi, e in ogni caso non poteva disporne" ha sintetizzato il pm. Il giudice, dopo cinque rinvii del processo per vari motivi, ha concluso dandogli ragione.