Condominio per i profughi, vicini di casa divisi sull'accoglienza

Tutti nigeriani, 5 i bimbi. Un residente: "Non è razzismo, ma chi garantisce?"

Casa per i profughi in via Bocchi (Fotolive)

Casa per i profughi in via Bocchi (Fotolive)

Brescia, 21 agosto 2016 - Una palazzina riconvertita in centro di accoglienza. Siamo in via Bocchi, a pochi passi dal liceo Copernico e dal Leonardo. Dal 9 luglio, cinque appartamenti ospitano richiedenti asilo politico e protezione internazionale. Una novità passata quasi in sordina, tanto che il Comune stesso è rimasto sorpreso di non esser stato avvertito. Eppure sono già tanti gli ospiti presenti. «Sono 37 di cui 5 bambini - spiega Isabella Marchegiani, psicoterapeuta e responsabile del servizio rifugiati di Ekopra – si tratta per lo più di nigeriani, coppie, mamme con bambini, giovani sotto i 30 anni». La cooperativa di Bovezzo, che fa parte del consorzio Impresa Sociale, che in Veneto gestisce già sei centri simili, ha preso in affitto lo stabile, di proprietà di una bresciana stufa di non vedersi più pagare l’affitto dai precedenti inquilini.

Il progetto doveva partire a settembre, ma, a fronte della carenza di posti e dei nuovi arrivi, la Prefettura ha sollecitato l’anticipo. «La struttura – continua Marchegiani - è a norma, abbiamo presentato tutta la documentazione. Nostro obiettivo è lavorare per renderli autonomi». Poiché la sistemazione è in appartamento, da bando sarebbe richiesta la presenza degli operatori dalle 9 alle 15. «Ma noi siamo qui praticamente dalle 7,30 alle 20 di sera. Abbiamo avviato corsi di lingua, di educazione alimentare e di care-giving per le mamme». Fino al pronunciamento della commissione sulle richieste di asilo politico e protezione, gli ospiti non possono lavorare, ma solo fare training. «Abbiamo fatto un inventario delle competenze, ci sono anche persone con una formazione universitaria. Alcuni sono davvero molto bravi, non è escluso che a fine percorso vengano a lavorare per noi». Intanto stanno sistemando le stanze per renderle più accoglienti, in attesa della donazione di Ikea che arrederà i cinque appartamenti.

Non tutti, però, sono entusiasti. Il vicino di casa, Piero Faverzani, nelle scorse settimane ha scritto ad Asl, Comune, Prefettura. «Intendiamoci, io sono appena tornato dall’Africa, ho fatto più di 5mila chilometri per consegnare un’ambulanza insieme a degli amici medici. E’ questo sistema che non mi piace. Mi sembra che sia un business, a partire dalla proprietà. E noi non siamo neanche stati avvisati. E le norme sulla sicurezza? Sono rispettate?». Lunedì la Loggia manderà i suoi tecnici a controllare. Resta il timore che la presenza del centro disturbi la quiete della zona. «La mia famiglia non esce più neanche in giardino», spiega Faverzani, pronto anche a raccogliere le firme dei vicini che sarebbero contrari al centro.

«Non li sento neanche, vedo solo gli operatori», commenta Francesco, il titolare del vicino bar. «Ci sono sensibilità diverse – conclude Marchegiani – molti in realtà si sono dimostrati solidali, ci han portato abiti e giochi per i bambini. C’è anche chi ha ravvisato che da quando ci siamo noi c’è anche più controllo, perché case disabitate portano problemi di ogni tipo».