Rapporti sessuali con un 14enne: condannato don Blanchetti

Brescia, la prima sentenza era stata annullata dalla Cassazione. Sarcedote colpevole anche nell’Appello bis: pena di 4 anni e 8 mesi

La bufera contro don Angelo Blanchetti scoppiò nell’estate del 2016

La bufera contro don Angelo Blanchetti scoppiò nell’estate del 2016

Brescia, 26 novembre 2020 - Condanna confermata con piccolo sconto per don Angelo Blanchetti, l’ex parroco di Corna di Darfo e Bessimo arrestato nel giugno 2016 con l’accusa di aver fatto sesso per quasi due anni con un parrocchiano quattordicenne. Già condannato a cinque anni in primo e secondo grado, con l’imputazione di violenza riqualificata in atti sessuali con minore al termine dell’abbreviato, il sacerdote sperava in un ribaltamento del verdetto nell’Appello bis, dopo l’annullamento della Cassazione. Invece è stato dichiarato nuovamente colpevole e si è visto infliggere quattro anni e otto mesi. I giudici della seconda sezione della Corte – presidente Giulio Deantoni – hanno sostanzialmente sposato l’impianto accusatorio. Unico sconto concesso, così come chiesto in aula dal pg Giulia Labia, l’assoluzione da uno degli episodi contestati, ossia un rapporto che si ritiene consumato nel 2016, quando la parte offesa aveva già compiuto 14 anni, età a partire dalla quale se c’è il consenso della stessa, e se il sesso viene consumato non con un parente o con una figura a cui il minore è affidato, non si integra il reato. "Don Blanchetti è innocente", continua a ripetere l’avvocato Paolo Botticini, la mente già orientata a un nuovo ricorso in Cassazione. La vicenda esplose nell’estate 2016 quando il parrocchiano, uno straniero che seguiva il catechismo per battezzarsi e convertirsi al cattolicesimo, raccontò a un pastore della chiesa evangelica di Milano di avere avuto rapporti intimi con il sacerdote, con cui stava seguendo un percorso di studio.

Rapporti consumati con assiduità a suo dire dal gennaio 2015 al 31 maggio 2016, a suon di ricatti morali: "Se lo dici a qualcuno andrai all’inferno". L’adolescente (risarcito dalla Curia in ambito extragiudiziale e non entrato nei processi come parte civile) riferì ai carabinieri e al pm Ambrogio Cassiani di lubrificanti e preservativi, che poi furono trovati in una cassaforte a casa del prete, di filmini porno e di una coperta a fiori descritta nei minimi dettagli sulla quale sarebbero stati consumati numerosi rapporti. Ricordi così precisi e realistici che furono ritenuti credibili. A discolpa del don, la difesa ha però portato numerosi elementi, già sfociati nell’annullamento della condanna da parte della Cassazione. A cominciare da una consulenza genetica che evidenzierebbe come sulla famosa coperta, ritenuta dalla Procura ‘la pistola fumante’, non vi fosse la benché minima traccia biologica del sacerdote, ma solo del ragazzo. Il giovane inoltre, nel periodo in cui riferì di aver fatto sesso con assiduità con il don, si era allontanato dalla parrocchia per avvicinarsi a un’altra religione. Si era ripalesato solo nel maggio 2016, ha arringato il difensore. Quanto agli accessi a siti porno dal computer sequestrato in canonica, risulterebbero eseguiti mentre il parroco celebrava messa, e si tratta di siti in lingua straniera. "Non ci sono prove a carico del mio assistito", ha ribadito l’avvocato Botticini chiedendo alla Corte l’assoluzione. Prima di pronunciarsi, i giudici dell’appello bis hanno scelto di sottoporre a perizia psichiatrica la parte offesa, così da poter trarre una conclusione anche in merito alla genuinità delle accuse mosse all’imputato. Ma l’accertamento peritale ha segnato un punto a favore dell’accusa. Il giovane, ormai maggiorenne, è stato infatti ritenuto capace di intendere e di volere sia all’epoca della denuncia sia adesso. Motivazioni tra sessanta giorni.