Verolanuova, ciclisti travolti e uccisi: automobilista patteggia 5 anni

Il 36enne guidava ubriaco una vettura non assicurata quando travolse gli uomini sulle bici da corsa

L'auto incidentata e le biciclette

L'auto incidentata e le biciclette

Brescia, 11 luglio 2020 - Ha patteggiato cinque anni Mirko Gianesini, il 36enne che a dicembre, ubriaco alla guida di un’auto non assicurata, uccise due ciclisti cremonesi, Francesco Bianchi, 70 anni, e Gianfranco Vicardi, 67, in gita a Verolanuova. Dopo un precedente tentativo, bocciato dal pm Claudia Passalacqua perché ritenuto non congruo all’imputazione di duplice omicidio stradale aggravato, ieri il gup Alessandra Sabatucci ha dichiarato raggiunto l’accordo. Per il risarcimento delle parti civili, i familiari dei pensionati, interverrà il Fondo vittime della strada.

Gianesini infatti, di mestiere saldatore, al momento dell’incidente veniva da un periodo drammatico sotto il profilo economico: viveva in auto dopo lo sfratto e non aveva abbastanza soldi nemmeno per pagare la rata dell’assicurazione, disse all’epoca l’avvocato Roberto Pizio.

L’investimento risale al 14 dicembre, un sabato pomeriggio. Bianchi e Vicardi, assidui delle sgambate in bici da corsa, quel giorno pedalavano nelle campagne verso Verolanuova, lungo via san Rocco, mentre Gianesini guidava la sua Volvo V50 in direzione opposta. Il frontale è stato devastante. L’auto è piombata a velocità sostenuta addosso ai due amici, sposati e con figli. Stando alla ricostruzione di un consulente della Procura, pedalavano affiancati.

L’automobilista, incensurato e un destino tragico segnato dalla morte del padre, che nell’agosto 2005 si schiantò a 52 anni in un frontale contro un tir sulla Quinzanese, si è subito fermato. Ha chiamato i soccorsi, ha pure provato a praticare il massaggio cardiaco ai feriti seguendo le indicazioni telefoniche degli operatori del 118, ma non c’è stato nulla da fare. Sono deceduti entrambi sul colpo.

«Me li sono trovati davanti all’ultimo, ero accecato dal sole basso" si era giustificato. L’alcol test però non lo ha perdonato: si era messo al volante dopo aver bevuto troppo al bar, in corpo aveva un tasso alcolemico quasi quattro volte il limite consentito. La Volvo, inoltre, non era assicurata né revisionata. In carcere da allora, Gianesini non ha mai trovato alcun parente o amico disponibile a ospitarlo, dunque per lui non è finora stata avanzata una richiesta di misura meno afflittiva. L’idea adesso è contattare qualche comunità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA