Brescia, intervento sbagliato al seno: assolti medici e infermiere

Denunciati da una donna vittima di una grave infezione a Calcinato

L’operazione è avvenuta in una struttura privata a Calcinato

L’operazione è avvenuta in una struttura privata a Calcinato

Brescia, 13 settembre 2017 - L'accusa più grave era quella di lesioni dolose e il giudice per tutti e tre ha deciso prima di derubricarle in lesioni colpose e quindi di non dovere procedere nei loro confronti. Sono quindi usciti completamente scagionati i due medici e l’infermiere finiti alla sbarra dopo che una donna loro paziente li aveva denunciati per un intervento di plastica al seno eseguito in un ambulatorio privato e conclusosi con una infezione. Per la corte presieduta dal giudice Anna Di Martino la querela della donna, fatta nel marzo 2014, era tardiva rispetto all’intervento eseguito al Civile dieci mesi prima durante il quale le era stata asportata la protesi che aveva provocato l’infezione.

Per Riccardo Amalfi, direttore sanitario della struttura privata di Calcinato dove la donna (costituita parte civile) era stata operata nell’autunno del 2012, per il medico Maurizio Toniolo che aveva assistito il collega nell’intervento e per l’infermiere Giancarlo Rebessi (per l’accusa sarebbe stato lui a somministrare l’anestesia alla paziente) il pubblico ministero Mauro Leo Tenaglia aveva chiesto condanne da due anni a due anni e tre mesi di reclusione.

I tre alla sbarra a vario titolo anche per violenza privata, falso (nella denuncia la paziente aveva detto di non avere firmato il foglio del consenso all’operazione) ed esercizio abusivo della professione di anestesista, sono stati completamente scagionati. La corte ha accolto la ricostruzione fatta dai legali dei tre imputati, gli avvocati Stefano Tegon, Simone Seno e Margherita Corrini. Solo Maurizio Toniolo è stato condannato a pagare una ammenda di 500 euro per il reato di falso relativo a un certificato medico compilato a favore della paziente, una donna di origine marocchina. La corte ha invece respinto la richiesta dei difensori dei tre imputati di rimandare gli atti alla Procura per verificare la possibilità di indagare per calunnia la donna.