Caffaro, l’ultima tegola giudiziaria non dovrebbe ostacolare la gara

Il grande nodo resta la barriera idraulica: dismetterla costerebbe una catastrofe ambientale

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di Federica Pacella

Efficientamento della barriera idraulica, smantellamento degli impianti che perdono mercurio e cromo. Tutto contenuto nelle pagine del Piano operativo di bonifica, ma anche nelle pagine prodotte dalla Procura di Brescia, secondo cui queste operazioni andavano già fatte da Caffaro Brescia (affittuaria nel sito di via Milano che gestisce la barriera idraulica) o, nel caso di mercurio e cromo VI nei vecchi capannoni Snia, da commissario straordinario o Comune di Brescia. Due percorsi che si intrecciano, ora, a pochi passi dalla gara europea (a 20 anni dalla scoperta della contaminazione di Pcb, diossine, mercurio, cromo) e che non dovrebbe inficiata dalla nuova pagina giudiziaria, che ieri ha visto il sequestro preventivo di 7 milioni di euro dai conti dei vertici di Caffaro Brescia. Soldi che sarebbero dovuti essere usati, secondo l’accusa, per adeguare gli impianti dell’azienda di via Milano.

Il grande nodo resta, infatti, la barriera idraulica, sistema di pozzi usato per contenere i veleni nel sito industriale. Dismetterla creerebbe un disastro ambientale, ma la sua inefficienza continua a portare Pcb fuori dal sito. Scavando negli archivi si può arrivare almeno al 2013, quando, in una riunione in Asl Brescia, Comune ed Arpa (allora guidata da Giulio Sesana) evidenziavano che l’inquinamento usciva dal sito attraverso lo scarico in corpo idrico esterno (la roggia Fiumicella). Tema ribadito poi in commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti del 2017 sempre da Arpa (direttrice era Maria Luisa Pastore). Nel 2013 non c’erano i limiti per lo scarico in roggia di Pcb, poi indicati dalla Provincia, ma di fatto non rispettati: i dati parlano di una fuoriuscita di Pcb mediamente doppia rispetto ai limiti, con sforamento di oltre il 500% nel 2019, peggio che nel 2013-2014.

Dopo il primo parziale sequestro di Caffaro Brescia a febbraio, si è valutato se intervenire subito sulla messa in sicurezza della barriera idraulica. Al tavolo regionale del 18 maggio scorso, tuttavia, si è convenuto che fare un bando stralcio avrebbe richiesto gli stessi tempi lunghi di uno unico per il progetto generale che, per altro, prevede proprio come primo step l’intervento sulla barriera idraulica. Questo perché nessuno, neanche il commissario straordinario, ha poteri altrettanto straordinari per accelerare i tempi di intervento, come la situazione richiederebbe.