Borno, droni e 48 ore di riprese al setaccio: si cercano tracce dell’assassino

Il cadavere fatto a pezzi e scaricato in Valcamonica: le telecamere di controllo delle strade potrebbero fornire elementi

I vigili del fuoco e le forze dell’ordine sul luogo del ritrovamento

I vigili del fuoco e le forze dell’ordine sul luogo del ritrovamento

Borno (Brescia) - Le impronte digitali inutili perché non confrontabili, anche il Dna quando sarà svelato dalla scienza potrebbe portare a niente per dare un nome al cadavere di donna fatto a pezzi, sfigurato in volto e congelato prima di essere abbandonato in Valcamonica. Un solo spiraglio resta aperto, richiederà un paziente lavoro di indagine: controllare le riprese delle telecamere delle due strade che portano al luogo del ritrovamento, uno spiazzo a lato della provinciale 5 nel territorio di Borno, in prossimità del cartello che segnala il confine tra le province di Brescia e Bergamo. Fausto Fedrighi, il 60enne di Paline che ha permesso il ritrovamento, è sicuro: "Venerdì non c’erano". Un paletto temporale importante: chi ha agito dunque lo ha fatto tra la notte di venerdì e sabato e la domenica seguente. E la circostanza collima con il fatto che i resti fossero in fase di scongelamento. Il lasso di tempo è di 48 ore o poco meno.

I percorsi che portano al punto del ritrovamento sono essenzialmente due. Se chi ha scaricato i resti del cadavere giungeva dal Bresciano ha dovuto inevitabilmente transitare per Darfo e da lì ha avuto due possibilità: un percorso veloce che passa per la Statale 42 e per Malegno e l’altro che porta ad Angolo e alla via Mala. Le telecamere, tranne che nei tunnel della via Mala, non mancano. E c’è un altro aspetto: entrambe le strade non sono molto trafficate per cui anche il numero dei veicoli da controllare e sui quali fare accertamenti dovrebbe risultare contenuto. È l’unico, timido spiraglio d’indagine per ora. Nella giornata di ieri le indagini sul luogo del macabro ritrovamento sono riprese. L’Arma e la Procura hanno richiesto l’intervento di una azienda specializzata in riprese aere, che hanno utilizzato dei droni in grado di osservare dall’alto la zona dove sono stati trovati i resti della vittima. Elementi preziosi per gli inquirenti che stanno cercando ricomporre un puzzle che contiene ancora molti punti oscuri.

Prima di tutto quei resti che ricomposti hanno permesso di mettere insieme un corpo sostanzialmente completo, compatibile con quello di una donna sui 30 anni, capelli neri, pelle chiara tipica di soggetto di “razza caucasica“, altezza non superiore all’1,60 e peso tra i 50 e i 60 chilogrammi. La sua identità rimane un mistero: le impronte papillari non hanno trovato rispondenze nella banca dati nazionale delle forze dell’ordine italiane e i database sono muti anche per quanto riguarda denunce di scomparsa al femminile in provincia di Brescia e Bergamo con simili caratteristiche. Per questo l’indagine ha già varcato i confini provinciali. I resti intanto sono nelle mani del medico legale degli Spedali Civili Nicoletta Cerri che sta eseguendo l’autopsia con l’obiettivo di risalire alle cause e ai tempi della morte. L’esito degli accertamenti però è tutt’altro che scontato. Si punta pure all’individuazione di segni sul corpo che possano offrire spunti investigativi, per esempio tatuaggi, a una prima ispezione cadaverica non presenti.