Prevalle, omicidio Mantovani: reperti spediti al Ris per avere la verità

Momento cruciale delle indagini sulla morte della 37enne di Villanuova sul Clisi: due gli indagati per il delitto

Il luogo del ritrovamento del corpo di Jessica: una centrale idroelettrica

Il luogo del ritrovamento del corpo di Jessica: una centrale idroelettrica

Brescia, 4 gennaio 2019 - Il caso di Jessica Mantovani ora è nelle mani del Ris. L’inchiesta per l’omicidio della 37enne di Villanuova sul Clisi, il 13 giugno scorso trovata morta nella vasca di scolo della centrale idroelettirca a Prevalle, è a un punto cruciale. Il pm Gianluca Grippo ha inviato al laboratorio di Parma una serie di reperti giudicati d’interesse. E attende risposte dirimenti. A cominciare dall’esito delle analisi sul sangue ‘acceso’ dal Luminol nel bagagliaio della Panda in uso a Marco Zocca, il 23enne di Prevalle finito sotto indagine con il vicino di casa Giancarlo Bresciani per omicidio e occultamento del cadavere.

Spetterà agli esperti del Ris decodificare quelle macchie e capire se c’è il Dna di Jessica oppure se si tratta di residui di selvaggina impallinata, giacché il proprietario della Panda, il padre di Zocca, è un cacciatore. La Procura è arrivata al giovane studiando i tabulati e le frequentazioni della 37enne e di Bresciani, il 50enne indagato per primo. E’ da lui che la donna, nessuna relazione stabile e problemi di dipendenza dalla cocaina, così come l’amico, ha trascorso la sua ultima serata da viva, il 12 giugno. Gli inquirenti hanno trovato delle telefonate tra i due indagati, che negano qualsiasi responsabilità. E ancora, al Ris è stato inviato materiale biologico repertato a casa di Bresciani, un cuscino rinvenuto nel canale in prossimità del corpo (che il cinquantenne misteriosamente sapeva essere nel canale) e un paio di occhiali da vista con le lenti rotte scoperti sulla Panda di Zocca. Per il padre di Jessica, quegli occhiali da miope con le stanghette verdi sono della figlia.

Giovanni Mantovani l’ha sentita l’ultima volta la sera del 12 giugno. Jessica l’aveva chiamato alle 20,30 dal cellulare di Bresciani chiedendo di essere riportata a casa. Né lei né l’amico guidavano. Quando il genitore alle 21,30 ha richiamato, l’uomo ha risposto che lei se n’era già andata per conto suo. Per l’accusa è stata uccisa – l’autopsia ha messo in luce una serie di lividi compatibili con un pestaggio, naso e due costole rotte e nessuna traccia di acqua nei polmoni – caricata in auto e condotta al canale.

"La causa del decesso è da identificarsi in un arresto cardiorespiratorio in un soggetto con intossicazione acuta da cocaina – scrivono i consulenti della Procura – passivo di un traumatismo cranico, probabilmente vittima di una crisi epilettica che potrebbe essere scaturita dallo shock termico dopo l’immersione in acqua". E ancora, il quadro lesivo è "compatibile" con calci e pugni, senza escludere il trascinamento in acqua. Al contrario per il consulente della famiglia Mantovani, assistita dall’avvocato Marino Colosio, il quadro contrasta con la possibilità di una lunga immersione e di un flusso veloce di corrente. "I leggings indossati erano solo parzialmente umidi e i sandali rimasti calzati – scrive Andrea Gentilomo, direttore della scuola in Medicina legale della Statale di Milano - le lesioni infiltrate di sangue". Conclusione: per il consulente dei Mantovani, Jessica è stata picchiata e portata esanime nella vasca di scolo. Dove poi è stata trovata.