Botte in famiglia, due condanne

Brescia, assolta invece dalle imputazioni la cognata. La vittima pachistana all’epoca aveva solo 15 anni

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Due condanne e un’assoluzione. Così si è concluso un processo per presunti maltrattamenti domestici e lesioni ai danni di una ragazzina del Pakistan, all’epoca dei fatti contestati appena quindicenne. Imputata era una famiglia di connazionali, mamma, fratello maggiore e cognata della giovane, di casa da molti anni nel Bresciano. I giudici - presidente, Roberto Spanò - hanno inflitto tre anni al fratello, tre mesi alla madre e assolto la parente. La vicenda non è lineare, perché la parte offesa, a breve maggiorenne, dopo essere stata in una struttura protetta è stata riaffidata dal Tribunale ai familiari sotto processo.

Le ipotizzate violenze risalgono al 2019. La minore fuggì denunciando in fase d’indagine, durante un incidente probatorio, di vivere un inferno tra le mura domestiche, tanto da avere persino tentato il suicidio bevendo detersivo. I familiari a suo dire le toglievano la libertà, le tarpavano le ali, la punivano e malmenavano. In particolare il fratello, capofamiglia dopo la morte del padre, le avrebbe scagliato addosso un bicchiere in vetro. Sentita in aula, la giovane però ha ritrattato in parte le accuse, sostenendo che anche l’ingestione di detersivo avvenne per ‘errore’. Una ritrattazione ritenuta non genuina dal pm Donato Greco, il quale aveva chiesto tre condanne a 3 anni (a 3,2 per la madre). Al contrario per la difesa - l’avvocato Sergio Pezzucchi - la minore in piena ribellione adolescenziale ha raccontato bugie. "Era intollerante a qualsiasi regola, tanto da essere scappata tre volte dalla comunità protetta". Di qui la richiesta di assoluzione, accolta però solo per la cognata.

Una vicenda del tutto simile si è verificata in Emilia Romagna. Dove padre e madre di 62 anni e madre di 56 anni, di origini maghrebine sono stati rinviati a giudizio dal tribunale di Reggio per maltrattamenti nei confronti della figlia che voleva "vivere e vestire all’occidentale". La ragazza, oggi ventenne e domiciliata nel Modenese dove si è rifatta una vita autonoma, senza più rapporti coi genitori, aveva denunciato in questura le vessazioni subite lo scorso agosto. Tra l’altro, stando alle successive indagini della Squadra Mobile, le violenze nei suoi confronti sarebbero iniziate già quando era minorenne. Una vicenda che ricorda - con ben altro epilogo - quella di Saman Abbas, la 18enne pachistana scomparsa a fine aprile di un anno fa a Novellara, sempre nel Reggiano, che secondo gli inquirenti è stata uccisa proprio dai familiari per aver rifiutato un matrimonio combinato. Proprio come Saman, che aveva trovato inizialmente rifugio in una struttura protetta, anche nel caso di questa ragazza, quando era ancora minorenne, sono intervenuti i servizi sociali.

Beatrice Raspa