Bomba a scuola polizia: due anarchici indagati

Svolta nell’indagine sulla pentola a pressione fatta esplodere da mani anonime due anni fa davanti alla scuola di Polizia Polgai di via Veneto

La polizia Scientifica impegnata fuori dalla Polgai (Fotolive)

La polizia Scientifica impegnata fuori dalla Polgai (Fotolive)

Brescia, 11 gennaio 2017 - Ci sono nomi e cognomi, e poi le accuse: attentato con finalità terroristica, detenzione e fabbricazione di esplosivo. Svolta nell’indagine sulla pentola a pressione fatta esplodere da mani anonime due anni fa davanti alla scuola di Polizia Polgai di via Veneto. Il procuratore aggiunto Carlo Nocerino, titolare del fascicolo, ha iscritto al registro degli indagati due anarchici residenti in provincia di Trento. Si tratta di Juan Antonio Sorroche Fernandez, quarantenne originario di Girona, e di Manuel Oxoli, 35enne nato a Brescia. Per la Procura sono stati loro a piazzare la pentola a pressione in uno zaino – otto chili di polvere pirica – e a lasciare la bomba davanti all’ingresso della scuola di polizia all’alba del 18 dicembre 2015. Un attentato che fu rivendicato dalla cellula anarchica «Acca».

I presunti attentatori sono già noti agli inquirenti perché ne è stata registrata la presenza a numerose manifestazioni sfociate in momenti di tensione con le forze dell’ordine. L’iscrizione al registro degli indagati al momento sarebbe un passaggio obbligato legato alla necessità di eseguire accertamenti tecnici irripetibili. Bisogna confrontare le impronte digitali dei sospettati con i frammenti di pentola repertati dalla Digos sul luogo del delitto. Gli indagati hanno chiesto tramite la difesa, rappresentata dall’avvocato Giampiero Mattei del Foro di Trento, di eseguire il raffronto in sede di incidente probatorio.

L’esplosione avvenne alle 4,50 appunto del 18 dicembre e per fortuna, dato l’orario antelucano, non provocò feriti. Danneggiò comunque pesantemente il portone della Polgai. Qualche giorno dopo arrivò la rivendicazione da parte della misteriosa sigla anarchica, la quale tramite una nota fece sapere di avere eseguito una ritorsione contro «uno dei bracci armati dello Stato dove vengono istruiti sbirri di tutta Italia e di altri Stati». La Polizia dall’esame delle immagini delle telecamere trasse le prime indicazioni: un uomo incappucciato che 13 minuti prima del botto piazzava lo zaino. «Questo attentato non rimarrà impunito, li prenderemo», fu la promessa del questore dell’epoca, Carmine Esposito. Ora, la novità. Che potrebbe offrire un riscontro alle sue parole.