Armò il nipote, tentato omicidio aggravato per lo zio

Sono state chiuse le indagini nei confronti di Antonio Di Sanzo che impiegò il 13enne come sicario

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Tentato omicidio aggravato – dalla premeditazione e dall’induzione di minore alla commissione di delitto – ricettazione, detenzione illegale di arma da fuoco. Sono i reati di cui risponde Antonio di Sanzo, ventisettenne di Montichiari arrestato lo scorso aprile con l’accusa di avere armato il nipote tredicenne per sparare al rivale in amore. Nelle scorse ore il pm Alessio Bernardi ha chiuso le indagini, ed è pronto a chiedere il processo. L’aggressione risale alla sera del 2 aprile, anti-vigilia di Pasqua. Manuel Poffa, 31 anni, era rimasto vittima di un misterioso agguato compiuto per strada in località Chiarini. Un ciclista in corsa – il nipote di Di Sanzo, si scoprirà – gli aveva sparato un colpo di pistola alle spalle e poi si era dileguato. Il proiettile per miracolo non gli aveva trapassato organi vitali. Nel giro di poche ore i carabinieri della compagnia di Desenzano del Garda avevano chiarito l’antefatto: Di Sanzo quella sera aveva incontrato Poffa, con cui era in lite per una ragazza contesa. Sulla scena, mentre i due uomini camminavano vicino alla scuola elementare, era comparso il ciclista armato, il minorenne – questa l’accusa – al quale lui stesso aveva messo in mano una calibro 22 chiedendogli di usarla contro Poffa.

A casa di Di Sanzo erano stati recuperati una pistola con matricola abrasa e sei proiettili. Soggetto di "spiccata pericolosità" aveva scritto il gip Riccardo Moreschi nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere a suo carico. Il ragazzino, che aveva subito confessato ed era stato trasferito in comunità protetta, adesso rischia il riformatorio. La procura dei minori gli contesta anche una tentata rapina a Montichiari sempre su indicazione dello zio, che usava come una pedina proprio perchè non imputabile.

Beatrice Raspa