Agguato in fabbrica nel Bresciano, tutto per un rimprovero

Il ragazzo fermato dopo i colpi sparati a bruciapelo a Paratico aveva avuto degli screzi con l’operaio rimasto ferito in modo grave

carabinieri

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Paratico (Brescia), 28 settembre 2020 - Sarà ascoltato stamattina dal gip per l’interrogatorio di convalida del fermo Michele Rinaldi, il 22enne di Villongo (Bergamo) arrestato la notte tra venerdì e sabato con l’accusa di avere sparato all’ex collega Simone Martinelli alla Colombo & C. di Paratico. Alla base dell’aggressione, pare vi sia un banale screzio tra operai risalente all’anno precedente, quando anche il giovane lavorava nell’azienda specializzata in guarnizioni nautiche. Martinelli, dipendente da almeno un decennio, avrebbe ripreso Rinaldi per il mancato utilizzo dei dispositivi di protezione imposti dalla legge per la sicurezza sul lavoro. E questi – è l’ipotesi dei carabinieri della compagnia di Chiari e il pm Donato Greco, che gli contestano il tentato omicidio aggravato dall’uso dell’arma e dalla premeditazione – se la sarebbe legata al dito. Martinelli, 38 anni, di Ranzanico (Bergamo) è stato aggredito alle otto del mattino il 25 settembre mentre attaccava il turno.

Aveva parcheggiato l’auto in via Vanzago, davanti alla ditta, quando è stato avvicinato da un uomo a volto coperto, con addosso occhiali da sole, che l’ha seguito fin sulla soglia del capannoni. L’aggressore dopo averlo minacciato ("Ti ammazzo, bastardo") ha estratto una pistola e ha fatto fuoco sette-otto volte, ferendolo alle mani messe davanti, come scudo, per ripararsi. Poi ha infierito e gli ha assestato alcune botte in testa con il calcio della pistola, quindi si è dileguato su una vecchia Lancia Y nera. Martinelli è vivo per miracolo: soccorso subito da alcuni colleghi, che hanno sentito grida e spari ma non avrebbero assistito all’agguato, è stato trasportato in ambulanza in codice giallo all’ospedale Papa Giovanni di Bergamo.

Da subito i militari della compagnia di Chiari e del nucleo investigativo si sono messi a caccia di testimonianze e indizi. Grazie alle immagini della telecamera della Colombo si è scoperto che l’auto del pistolero aveva una targa di cartone con i numeri segnati a pennarello. E che il giorno precedente la stessa auto, però con targa regolare, era transitata tra Capriolo e Paratico – a dirlo, gli impianti di videosorveglianza - forse nell’intento di un sopralluogo. Quella vecchia Lancia Y ha portato a Rinaldi, raggiunto in un’azienda della zona per la quale lavora come interinale. Con i militari ha ammesso le proprie responsabilità, ma poi davanti al pm è rimasto in silenzio.