Brescia, agli spacciatori la cartella dell’Iva

Gestivano un traffico di coca e hascisc, in cella li trova l’Agenzia delle entrate: "Pagate 5 milioni, niente deduzioni"

Finanza (Foto di repertorio)

Finanza (Foto di repertorio)

Brescia, 17 ottobre 2018 - Per l'Agenzia delle Entrate di Trento quella che hanno costituto è una società a tutti gli effetti che come finalità aveva quella di commercializzare beni che lo Stato però considera fuorilegge: hascisc e cocaina. Ma questo all’Agenzia delle Entrate poco importa.

La banda di trafficanti che a Trento è finita a processo (24 imputati, soprattutto marocchini di cui uno residente a Brescia) deve essere considerata un’attività organizzata in «forma di impresa diretta alla cessione di beni al dettaglio e, come tale, soggetta all’imposizione ai fini dell’Irpef, dell’Iva e dell’Irap». E così a tutti e 24 i soci dell’attività criminale è arrivata una cartella esattoriale relativa alle imposte non versate per le annualità 2015 e 2016. Secondo i calcoli dell’Agenzia delle Entrate, il sodalizio criminale nel 2015 avrebbe incassato dalla vendita di hascisc e cocaina 4.781.700 euro e 3.920.700 euro l’anno successivo per la vendita a 1,5 euro a dose (oltre 2,6 milioni quelle messe sul mercato) di più di 186 chili di hascisc. Un calcolo semplice basato sulle cifre raccolte ascoltando le telefonate tra i componenti della banda che si mettevano d’accordo tra loro per acquisti e cessioni. Il valore di mercato è poi stato determinato anche dalla purezza dello stupefacente immesso sulle piazze di diverse province italiane dal gruppo di criminali. Così si è arrivati a quantificare i redditi per i quali i 24 soci secondo il Fisco avrebbero dovuto pagare le tasse. L’accertamento degli ispettori ha così portato a calcolare che per il 2015 non è stata incassata un’Iva, l’aliquota è quella del 22% così come avviene per gran parte dei prodotti, pari a 1.051.974 euro; per il 2016 invece l’Iva dovuta allo Stato si sarebbe fermata a 862.554 euro. Denari mai incassati e che ora il Fisco vuole fare suoi. In questo modo i proventi dell’attività di spaccio entrerebbero a fare parte del bilancio dello Stato. E con l’accertamento notificato nelle scorse settimane ai 24 imputati del processo è arrivata anche la somma delle sanzioni che l’azienda creata dai trafficanti dovrebbe, il condizionale è d’obbligo, versare all’Erario. Secondo i conteggi dell’Agenzia delle Entrate per l’annualità 2015 tra imposte da versare, sanzioni, interessi e spese di notifica (8,75 euro) il clan di trafficanti dovrebbe versare 3.165.571, 60 euro. Per l’altra annualità presa in esame, quella del 2016, l’azienda dei trafficanti dovrebbe versare allo Stato 1.954.013, 29 euro. «Valuteremo di presentare i ricorsi del caso – sottolinea l’avvocato Gianbattista Scalvi, legale del marocchino residente a Brescia e coinvolto nel processo – si potrebbe percorrere la strada dell’accertamento con adesione. Una sorta di accordo tra contribuente e ufficio che può essere raggiunto anche dopo l’emissione dell’accertamento. La riflessione che sembra imporre questo caso è che lo Stato è pronto ad appostare nel suo bilancio i crediti d’imposta provenienti dai redditi che derivano da attività illegali. Se la vicenda processuale dovesse concludersi con l’assoluzione la presenteremo all’Agenzia delle Entrate, in caso di condanna invece chiederemo il perché non possano essere considerati anche i costi sostenuti dalla società».