Brescia, un modello d’accoglienza: i tagli per decreto non scoraggiano

Gli aiuti ai richiedenti asilo in un rapporto elaborato dalla Cattolica per il coordinamento Sai

Francesca Pozzi, Silvia Beatrice Brocchi, Debora Ambrosi e Maddalena Colombo

Francesca Pozzi, Silvia Beatrice Brocchi, Debora Ambrosi e Maddalena Colombo

Brescia - I tagli dei decreti sicurezza non hanno scoraggiato l’accoglienza nel Bresciano, che è rimasta un modello nonostante le difficoltà. La chiave per capire quali siano stati i contraccolpi della legge 132/2018 sull’accoglienza dei richiedenti asilo sta proprio in quel “nonostante“, usato nel titolo del rapporto elaborato dal Cirmib dell’Università Cattolica di Brescia, cui si è rivolto il coordinamento provinciale Sai (ex Sprar) proprio per studiare gli effetti delle normative su operatori e migranti. "Il lavoro è nato quando si discuteva di buona accoglienza e mala gestione – ricorda Maddalena Colombo, direttrice Cirmib – perché si inserivano enti che non erano pronti a fare accoglienza, generando meccanismi opportunistici. Brescia ha sempre avuto un nucleo forte di Comuni ed enti del Terzo settore che si erano già organizzati in un coordinamento, anche prima dei tagli, e che hanno travasato la cultura dell’accoglienza nei Cas. Se la rete ce l’ha fatta con le decurtazioni e con la pandemia, vuol dire che è un modello che continuerà a funzionare. Il clima è migliorato con la legge 173, tuttavia i fondi tuttora scarseggiano".

Come emerge dal rapporto “Accoglienza nonostante“, rispetto ad altri territori nel Bresciano non si è registrato un crollo drastico di posti Sai (Sistema di accoglienza e integrazione), passati dai 480 pre-decreto sicurezza ai 410 attuali. "Si partiva da una cultura più matura – aggiunge Colombo – il privato sociale è riuscito a mantenere il senso di solidarietà che da sola l’istituzione non sarebbe riuscita a perseguire". Anche sul fronte delle richieste di protezione di asilo, i numeri sono invariati: sui permessi di soggiorno rilasciati il 2,1% riguarda protezione internazionale o sussidiaria. Nel 2019, la commissione ha riconosciuto il 41% delle richieste (1.131 in totale), in crescita rispetto alle 890 del 2018.