Brescia, 25 aprile 2014 - «Aiuto, salvate una ragazza tenuta segregata in casa dal padre». E’ la mattina del 22 aprile quando in questura, all’ufficio relazioni con il pubblico, è arrivata una email anonima con questo appello disperato. A inoltrarlo, ha scoperto la Mobile dopo avere indagato, è stato un giovane pakistano di casa in Francia. Il giovane non ha fornito indicazioni precise, se non il nome e cognome di colei che a suo dire aveva urgentemente bisogno d’aiuto. La donna era sua moglie, allontanata dalla casa coniugale contro la sua volontà dalla famiglia d’origine, la quale osteggiava l’unione in vista di un matrimonio combinato deciso in precedenza. Epilogo: i poliziotti “hanno liberato” la sposa promessa e l’hanno accompagnata in una comunità protetta, mentre hanno denunciato il padre di lei per violenza privata.

Cronaca di difficile convivenza tra immigrati di diverse generazioni, in conflitto in specie con le figlie. I padri e le madri hanno lo sguardo rivolto al passato e alle tradizioni, che impongono le nozze di convenienza con qualche esponente del clan. Le ragazze invece si ribellano, rivendicano la propria autonomia. E’ il caso anche della 26enne in questione, residente da anni a Brescia appunto con i genitori e tre fratelli. In occasione di una viaggio a Parigi da alcuni parenti, quattro mesi fa, la giovane aveva conosciuto un uomo, suo connazionale, e se n’era innamorata. In quattro e quattr’otto la coppia era convolata a nozze e lei aveva deciso di non rientrare più in Italia. La scelta però, ha poi raccontato l’interessata al dirigente della mobile Giuseppe Schettino, era in conflitto con i progetti dei famigliari che volevano sposasse un conoscente di loro gradimento. Per questo un mese fa uno dei suoi fratelli l’ha raggiunta a Parigi e poi l’ha prelevata con la forza per riportarla a Brescia, dai genitori.

Dove infatti è poi stata trovata dalla polizia, che ha seguito l’indirizzo trovato nella email anonima. La 26enne stando a quanto rilevato dagli agenti, fisicamente stava bene, ma in buona sostanza viveva segregata. La famiglia le aveva sottratto documenti, denaro e cellulare così che la malcapitata non potesse nemmeno provare ad andarsene. «Usciva solo accompagnata da qualcuno - spiega Giuseppe Schettino -. In un armadio chiuso a chiave abbiamo trovato il suo passaporto». La donna ora in attesa di poter raccogliere i soldi per comprarsi il biglietto così da tornare a Parigi e riabbracciare il suo amore, è stata trasferita in una struttura protetta del Comune di Brescia. Il padre invece è stato denunciato per violenza privata.