Brescia, 23 gennaio 2014 - Dimesso dall’ospedale e arrestato. Pasqualino Iacovone, 39enne padre di due figli - Andrea e Davide che si sospetta siano stati da lui uccisi lo scorso 16 luglio a Ono San Pietro, da ieri si trova in una cella del carcere bresciano di Canton Mombello. L’accusa è quella di duplice omicidio con le aggravanti di avere commesso il fatto contro i due congiunti di 9 e 12 anni agendo con premeditazione. L’epilogo di una storia atroce che ha sconvolto non solo il piccolo paesino camuno, ma l’Italia intera. Un padre che - questo secondo i rilievi degli inquirenti - ha prima soffocato i due bambini e poi gli ha dato fuoco. Il tutto, da quanto emergerebbe dall’indagine, per ripicca contro la ex moglie.

Icarabinieri di Brescia hanno aspettato che scendesse dall’ambulanza che l’ha appena portato dai Grandi ustionati di Padova presso la clinica Sospiro di Cremona: luogo scelto per la lunga riabilitazione dopo essersi salvato incredibilmente dalle gravissime lacerazioni riportate nell’incendio della sua casa.
Per i giudice che ha emesso l’ordinanza Iacovone è sì convalescente, ma è anche un paziente che ha bisogno solo di cure riabilitative ed è in grado di camminare in modo autonomo. Circostanze per cui viene ritenuto compatibile con la vita in carcere. A questo poi si aggiunge un quadro psicologico inquietante: il presunto omicida è ritenuto soggetto con un’estrema propensione alla violenza contro le persone e dunque incompatibile con un’eventuale carcerazione domiciliare.

Misura che invece pensava potesse essere applicata il legale dell’accusato, l’avvocato Gerardo Milani: «Il fatto che sia fuori pericolo non significa che non abbia bisogno di cure e assistenza specifiche – stigmatizza il legale -. Il mio assistito non muove le braccia, non riesce a togliersi una maglietta da solo. Non può lavarsi né stare senza medicazioni, altrimenti le ferite si infetterebbero».

Ieri il difensore si è recato a Canton Mombello e per due ore ha parlato con il papà di Davide e Andrea: «Qualcuno quando l’ha visto arrivare lo ha accolto con una battuta, dicendogli che sembra Frankestein perché è fasciato. L’avevamo preparato a una misura cautelare, ma speravamo nei domiciliari in ospedale. Iacovone è alle prese con l’elaborazione di un dolore enorme. Della mattina dell’incendio non ricorda nulla. L’abbiamo informato dei fatti con l’aiuto di uno psicologo. Deve prendere atto di una situazione di cui non si capacita, i suoi figli erano la sua vita, la ragione per cui viveva a Ono San Pietro e non a Milano o a Foggia dove ha parenti. Mi ha chiesto una loro fotografia. Il suo stato psicologico meriterebbe un approfondimento». Domani l’interrogatorio di garanzia.