Brescia, 2 novembre 2011 - Lunedì scorso l’Oipa Italia onlus, organizzazione internazionale protezione animali, ha presentato al sindaco di Montichiari, nel bresciano una istanza di chiusura dell`allevamento Green Hill, che alleva beagles destinati alla vivisezione.

Gli accertamenti condotti dall`Oipa rispondono alla richiesta inoltrata dal ministro Michela Vittoria Brambilla alla Procura di Brescia attraverso un esposto presentato pochi giorni fa.

 

L`istanza segue infatti la perquisizione che le guardie zoofile Oipa, su mandato della Procura della Repubblica di Brescia, hanno effettuato il 30 settembre scorso all`interno dei capannoni dell`allevamento per compiere approfonditi accertamenti sullo stato di detenzione dei 2.500 cani beagles.

Nello specifico sono stati contestati i box di circa 5 metri quadrati all`interno dei quali vengono detenuti fino a 5 cani, l’assenza del registro di carico e scarico degli animali presenti nell`allevamento, l’assenza di aggiornamento della banca dati dell`anagrafe canina regionale, per un totale di circa 400 cani non registrati.

 

"Sono inoltre ancora in esame - spiega l’Oipa - altre situazioni che potrebbero risultare irregolari e configurare il reato di maltrattamento”, come la presenza di un solo medico veterinario a garantire il benessere di 2500 cani e l`elevato inquinamento acustico causato dall`incessante abbaiare di centinaia di animali rinchiusi all`interno dei singoli capannoni, così intenso da obbligare il personale ad utilizzare le cuffie insonorizzate. E ancora il ritrovamento di 35 cani deceduti e sprovvisti sia del relativo certificato di morte sia di un certificato veterinario che ne attestasse la causa.

Oltre agli aspetti che sono regolamentati dalla legge, “è da considerarsi - precisa l’Oipa - anche l`aspetto psicologico ed emotivo che non può essere misurato o sanzionato, ma che determina l`enorme disagio di questi animali. I cani allevati in attesa di essere venduti vivono in condizioni incompatibili con la natura di animali sociali ed esplorativi che li contraddistingue. Sono infatti rinchiusi in box asettici, privi di qualsiasi interazione sociale ed emotiva, esposti costantemente alla luce artificiale, oltre che costretti a sopportare l`incredibile frastuono dovuto agli abbai e ai latrati dei migliaia di cani compagni di prigionia all`interno dei capannoni”.