Brescia, 25 settembre 2010 - Porta Trento è un popoloso quartiere a nord della città, tra l’Ospedale Civile e via San Faustino. Secondo i dati del 2008 nel quartiere abitano 7.091 persone: 3.842 le donne, 3.249 gli uomini. A prima vista può apparire un normale quartiere delle città: condomini, qualche villetta e poi attività commerciali e di servizi. Basta però spostarsi nel cuore del quartiere per rendersi conto che qualcosa di diverso c’è. Via Trento è un luogo a sé stante: un piccolo paese, un borgo appunto, incastonato all’interno della città.

Per rendersi conto di come sia questo luogo storico del capoluogo basta fare una semplice camminata e le sorprese non mancano. La prima cosa che si nota è che la via sembra un centro commerciale a cielo aperto. In meno di un chilometro ci sono tutte le attività: dal supermercato, al fornaio e poi la ferramenta, il corniciaio, l’agenzia di viaggi. Non manca nemmeno l’agenzia di pompe funebri. «Io lavoro qui da 21 anni — racconta Lino Franco, il parrucchiere di Borgo Trento — Sono cresciuto qui ora però mi sono trasferito, ma nell’anima mi sento ancora uno della borgata». Sembra di essere in un paese differente, c’è all’ingresso persino il cartello che indica l’altitudine. Poi ci sono loro gli abitanti e i commercianti. Sorridenti, disponibili e soprattutto felici di vivere e lavorare nella «borgata».

 

«Tante cose sono cambiate negli anni — spiega il signor Achille Gardani, 73 anni trascorsi quasi per intero in Borgo Trento — Ci sono meno bambini rispetto al passato, un ricambio degli abitanti c’è stato. Quello che non è cambiato è lo spirito: esiste ancora quella solidarietà tra abitanti che in altre zone della città non c’è più. Soprattutto siamo orgogliosi di vivere qui». Il senso di appartenenza degli abitanti di Borgo Trento lo definisce bene il signor Raoul Porteri, titolare dell’omonimo ristorante e della salumeria che dal 1875 è presente in via Trento. «Oltre ad essere commercianti — spiega Porteri — siamo anche cittadini e sentinelle affinché situazioni spiacevoli non attecchiscano in una zona della città che ha poco da invidiare rispetto a borghi più celebrati in Italia».

Attività centenarie trovano spazio accanto a realtà per così dire più moderne. Bruno Veschetti da poco più di due anni ha preso in gestione un bar che nel nome “All’Angolo del Borgo” ha nuovamente quel senso di appartenenza di cui si diceva prima. «Stavo cercando un locale e quando sono arrivato qui me ne sono innamorato subito — confessa apertamente — Il borgo è bellissimo, non manca nulla e poi la gente è cordiale, disponibile e con tanta voglia di tenere vivo il quartiere. Le feste che organizziamo sono molte e questo ci consente di rinforzare legami che vanno oltre il semplice vicinato». Nel suo locale durante la settimana si ritrova un gruppo di tifosi del Brescia, il gruppo “Borg Trent” come campeggia sulle maglietta realizzate appositamente. «Si tratta di circa trenta ragazzi tra i 20 e i 40 anni. Giovani e meno giovani convivono in questo angolo di città senza calpestarsi i piedi».

 

Per trovare la dimostrazione basta attraversare la strada ed entrare al circolo Acli. «Qui ragazzi ovviamente non ne vengano — ammette Carlo Temponi residente nel quartiere e che da 20 lavora al circolo — ma i più anziani vengono qui o al circolo dei lavoratori. Giocano a bocce o a carte passando la giornata in compagnia degli amici».Certo negli anni il quartiere ha cambiato volto. «Dove ora c’è via Cipani un tempo scorreva il Garza — racconta Giulio Moggia, che fa il calzolaio dal 1955 — Una volta mettevamo fuori le seggiole e la sera si faceva tardi a parlare. Ora vuoi per il traffico e perché i tempi sono cambiati questo non succede più.Comunque io non me andrei mai da qua. Ho spostato la mia attività almeno tre volte ma rimanendo sempre qui». Anche per il signor Giampietro Pescatori il borgo si è trasformato ma anche lui da qui non si sposterebbe mai: «Sono l’unico della mia famiglia a non essermi trasferito, ma sono certo che in un altro quartiere avrei fatto fatica a integrarmi».