Bergamo, fallimenti: un altro bollettino di guerra

Anche nel 2019 è aumentato il numero dei crac depositati al tribunale di Bergamo (+6%): 258 le aziende che non ce l’hanno fatta

Nell’edilizia il maggior numero di fallimenti

Nell’edilizia il maggior numero di fallimenti

Bergamo, 19 gennaio 2020 - Il settore che soffre maggiormente è quello dell’edilizia: quasi la metà delle procedure aperte nel 2019 riguardano infatti imprese di costruzioni, immobiliari, impiantistica e progettazione. A seguire le imprese di servizi: alla persona, alla ris+orazione e piccoli supermercati. Anche nel 2019 è aumentato all’anno precedente il numero di fallimenti depositati presso il tribunale di Bergamo (+6%): sono state 258 le aziende che non ce l’hanno fatta a proseguire la propria attività e sono state pertanto costrette a dichiarare fallimento. Nel corso dell’ultimo anno, inoltre, non sono mancate le chiusure nel settore della logistica e dei trasporti, settore quest’ultimo che si ridimensiona dopo il boom degli anni scorsi. Numerose le società di capitali, quasi esclusivamente srl, ma anche molte ditte individuali che non ce l’hanno fatta e hanno dovuto portare i libri in tribunale per avviare la procedura di fallimento.

A una lettura più attenta dei dati, emerge il fatto che sembrano essersi esaurite le drammatiche chiusure, avvenute negli anni scorsi, di importanti imprese orobiche, mentre aumenta il numero di quelle di piccole dimensioni, il cui fallimento determina un impatto sociale più modesto. "E’ vero - ammette Angelo Carrara, presidente di Edilcassa Artigiana di Bergamo -: il settore delle costruzioni è quello che più di ogni altro ha fatto registrare fallimenti di impresa anche nel 2019, proseguendo un trend negativo che c’è ormai da qualche anno. Tutto ciò è dovuto ad una brutta abitudine che purtroppo si è consolidata da diverso tempo: negli ultimi anni si verifica con sempre maggiore frequenza che vengano commissionate opere che poi non vengono pagate. Sono soprattutto le piccole imprese edili e di impiantistica che dopo aver realizzato lavori per conto di grandi gruppi non riescono ad ottenere i pagamenti precedentemente pattuiti. Numerose piccole imprese sono fallite pur vantando crediti, anche importanti, verso grandi gruppi che non onorano gli impegni presi. Invece il piccolo privato che commissiona la costruzione della propria abitazione è un cliente che paga. Purtroppo, però, sono maggiori i casi di scorrettezza che si registrano nelle grandi opere”.

Inoltre , è molto più facile che una grande azienda anticipi l’imminenza di una situazione di crisi attraverso gli strumenti di controllo che già possiede e possa farvi prontamente fronte. Al contrario, le piccole imprese non sono dotate, normalmente, di alcun tipo di segnale oggettivo che le allerti se la situazione si aggrava. Per questo, per colmare proprio questa lacuna, il nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza, che entrerà in vigore il 15 agosto 2020 (a metà febbraio 2021 per le microimprese), prevede che anche le aziende più piccole si dotino di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato a rilevare tempestivamente eventuali segnali di crisi aziendale. Si tratta di una vera e propria rivoluzione, che, per essere efficace, richiede che il numero dei soggetti coinvolti sia il più alto possibile. Non tutti, però, attendono con ansia l ’introduzione delle nuove norme: molti imprenditori, piccoli e piccolissimi, lamentano i costi che dovranno sostenere per adeguarvisi e non vedono pertanto con favore l’ingresso in azienda di un soggetto terzo che valuterà, in sostanza, il loro operato.