Coronavirus, aziende bergamasche pronte a riaprire: Brembo e Lucchini in testa

Luca Nieri, segretario generale di Fim Cisl: "E' una fase 2 fai-da-te. La priorità non credo sia il 'quando' si ripartirà, ma il 'come'"

Il settore metalmeccanico

Il settore metalmeccanico

Bergamo, 24 aprile 2020 - Emergenza coronavirus, la fase 2 si avvicina e le imprese del Bergamasco sono pronte a riaprire. In particolare nel settore metalmeccanico tutte le big hanno sottoscritto protocolli d'intesa con i sindacati e avrebbero intenzione di riavviare la produzione gia' da lunediì per far fronte alle commesse e non perdere ulteriormente il passo con i concorrenti esteri. Tra questi figurano in testa la Brembo, Dalmine, dove in queste settimane ha funzionato solo la produzione di bombole, e Lucchini. In tutto sono 110 i gruppi metalmeccanici, per 24.000 lavoratori, che hanno sottoscritto i protocolli di sicurezza, una goccia pero' rispetto alle 5000 aziende censite in provincia di Bergamo.

"E' una Fase 2 fai da te - lamenta Luca Nieri, segretario generale di Fim Cisl - nonostante il Protocollo provinciale abbia trovato la firma di tutte le centrale datoriali, emergono casi, purtroppo non isolati, di procedure raffazzonate e non concordate; lavoratori spaventati che chiamano le categorie sindacali per lamentare provvedimenti non conformi a quanto abbiano letto sui giornali". Dove è stato possibile, spiega, sono stati sottoscritti "protocolli importanti, nei quali non solo abbiamo curato aspetti legati ai Dpi, alle distanze minime, all'utilizzo degli spazi comuni come mensa e spogliatoi, alla misurazione della temperatura, alle sanificazione e pulizie quotidiane, ma soprattutto abbiamo cercato di rivedere l'organizzazione del lavoro, ricostruendo una dimensione e condizione lavorativa sulla persona, una dimensione dove la salute e la sicurezza devono essere al primo posto, rimodulando gli orari (per garantire una ripartenza graduale) e consolidando finalmente uno strumento fondamentale come lo smart working". 

Per contro, si sono registrate grosse resistenze a individuare percorsi di partecipazione organizzativa, "vero limite che permane nella qualita' delle relazioni sindacali nella nostra provincia. In molte aziende vince il "fai da te", che rifiuta la proposizione e condivisione con il sindacato - dice ancora il segretario Fim - e una gestione unilaterale della fase 2, con protocolli che si sono limitati nel fare copia e incolla dei documenti nazionali, tralasciando interventi specifici che questo momento prevedrebbe, un comportamento superficiale, dove il senso di responsabilita' e' stato applicato ai minimi termini, che non tiene conto dalla salute dei dipendenti e del particolare rischio di "ritorno" del contagio, situazione che riscontriamo nelle tante telefonate spaventate che riceviamo dove molti lavoratori, distanze di sicurezza non rispettate, pulizie fatte saltuariamente, dpi non sempre adatti".

La provincia di Bergamo da una decina di giorni si e' messa progressivamente in moto: alcune aziende utilizzando la possibilita' dei codici Ateco, altre chiedendo la deroga al Prefetto; chi e' rimasto fermo attende con ansia il via libera del governo. "Ci saremmo auspicati di non vedere fughe in avanti, pero' cosi e' stato: le ripartenze avrebbero dovuto essere effettuate non solo sulla logica di una deroga richiesta al prefetto o sulla base di un codice Ateco, ma su verifica effettiva che le condizione di sicurezza in quella azienda fossero certe. Non credo sia il 'quando' si ripartirà la priorita' per il nostro territorio, ma capire il 'come'".