Pinguini Tattici Nucleari: "Siamo ragazzi senza un futuro"

Il frontman Riccardo Zanotti, 25 anni: "Restiamo eterni bambini, più fragili dei genitori"

I Pinguini Tattici Nucleari (Ansa)

I Pinguini Tattici Nucleari (Ansa)

Bergamo, 16 febbraio 2020 - «Al futuro non ho mai creduto, ma con me finora s’è mostrato riconoscente", assicura Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari. "Guardo, infatti, al domani come ad una presenza incombente da cui l’artista dovrebbe fuggire, anche se poi ci si trova costretto a fare i conti come capita a noi con le prove del tour che portiamo nei palasport da fine mese".

Ma la sua generazione, quella dei 25enni, guarda al futuro con ottimismo o con pessimismo? "Se buona parte dei 40enni e dei 50enni ha nostalgia del passato, la mia generazione ha nostalgia del futuro. Di quel futuro immaginato da ragazzi, che non arriverà mai". Perché? "Perché non è facile costruirsi un domani in tempo di crisi; e quella che stiamo vivendo, per i valori e sotto il profilo economico, è probabilmente tra le peggiori di sempre. Abbiamo capito che l’ottica con cui abbiamo guardato avanti finora è sbagliata e che laurea, dottorato, master, non serviranno più di tanto a completare la nostra esistenza perché questo mondo un posto per noi non l’ha riservato". E lei che idea ha di futuro? "Dopo le superiori sono andato a vivere a Londra per fare il musicista. Lì ho scritto ‘Irene’, una canzone in cui dico alla mia ragazza ‘Il futuro che ti potevo dare, l’ho barattato per i vinili che ho in soffitta’, ovvero il domani che avrei potuto darti da ingegnere o medico l’ho scambiato con la mia passione. Non ho mai avuto un’idea di futuro stabile; penso e vivo alla giornata". Ai concerti come vede i ragazzi della sua età? "Disillusi e pessimisti, ma anche sognatori. Pure nella produzione artistica c’è un forte individualismo, ma non di stampo machista quanto piuttosto fragile, vulnerabile: mi rifugio in me stesso perché non so dove andare". Una società fatta di organismi monocellulari. "In questa mia generazione c’è la tendenza a crearsi un nucleo familiare abbastanza presto rispetto al passato. Ma anche la tendenza a rimanere dentro bambini. Nasci bimbo con la paura di trovare il mostro sotto al letto e poi diventi il mostro che ha paura di trovare il bimbo sopra al letto". Fuori di metafora? "Siamo una generazione che prova ad accollarsi delle responsabilità, ma poi non riesce a viverle con la determinazione che avevano i nostri genitori, cresciuti magari con meno mezzi, ma qualche sicurezza in più. D’altronde la nostra è, forse, la prima classe costretta a fare i conti con un gran numero di genitori separati e quindi cresciuta, talora, con carenze umane e affettive importanti; ragazzi e ragazze che, pur andando a vivere da soli o facendosi una famiglia, dentro non riescono a crescere. Io compreso".