Yara, udienza processo Bossetti. Ros: "Cercò di fuggire all'arresto"

Con l'udienza che si è celebrata venerdì, il processo contro Massimo Bossetti, presunto assassino della 13enne è entrato nel vivo, grazie ai racconti dei maggiori testimoni chiamati in aula da accusa e difesa. Oggi è toccato al colonnello Michele Lorusso, comandante del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri di Brescia

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Bergamo, 23 settembre 2015 - Si torna in aula, oggi, con una nuova udienza del processo a carico di Massimo Bossettipresunto assassino della tredicenne Yara Gambirasio. Dopo la ricostruzione delle ultime ore della ragazzina, è il momento degli investigatori: Gianpaolo Bonafini (Capo di Gabinett della questura di Venezia, che all'epoca era capo della Squadra mobile di Bergamo e aveva iniziato le indagini al locale di Chignolo vicino al luogo del ritrovamento del corpo) e il colonnello Michele Lorusso dei Ros di Brescia (che ha seguito la pista del dna nel corso delle indagini).

Il luogo in cui è stato ritrovato il corpo di Yara Gambirasio a Chignolo d'Isola"INDAGINI CLASSICHE E SCIENTIFICHE" - L'udienza si è aperta con la ricostruzione, da parte di Lorusso, delle indagini sull'uccisione di Yara. Nell'aula della Corte d'assise presieduta da Antonella Bertoja, il capo dei Ros di Brescia ha spiegato che sono stati analizzati i contatti telefonici di Yara precedenti alla sua uccisione. Poi, il colonnello ha spiegato  come si è arrivati al fermo dell'imputato: furono indagini "classiche", unite a una "rete di protezione di indagini scientifiche" che doveva servire qualora le prime non avessero funzionato, a portare all'individuazione di Massimo Bossetti come Ignoto 1: l'uomo a cui apparteneva il dna individuato sul corpo di Yara Gambirasio quando fu trovata uccisa, il 26 febbraio del 2011. Fu a partire dai dna prelevati tra i 31 mila frequentatori della discoteca Sabbie mobili di Chignolo d'Isola, nei pressi della quale dove fu trovato il corpo della ragazza, che si arrivò alla famiglia di Giuseppe Guerinoni, l'autista di autobus morto nel '99. Quel dna di un suo parente, che al momento della scomparsa di Yara era all'estero, portava al suo ceppo familiare ma non corrispondeva a nessuno dei figli di Guerinoni. Da qui l'ipotesi di un figlio illegittimo e uno screening delle donne che potenzialmente potevano aver avuto relazioni con lui.  L'analisi dei registri anagrafici portò a una rosa che comprendeva anche Ester Arzuffi, madre di Bossetti, la quale, per un periodo aveva vissuto a Parre, dove abitava anche Guerinoni, prima che i Bossetti si trasferissero a Brembate di Sopra. Dall'analisi del dna di Ester Arzuffi, che tempo prima volontariamente si era sottoposta al test, gli investigatori giunsero alla certezza che era la madre di Ignoto1. Quindi cominciarono a concentrare l'attenzione su Massimo,non sulla sorella gemella e sul fratello di cinque anni più giovane, perché il muratore era nato in un periodo in cui Guerinoni e la Arzuffi potevano essersi frequentati e poiché il Dna a loro disposizione era quello di un uomo "con gli occhi azzurri o verdi". Poi il prelievo del Dna al muratore, nel corso di un controllo stradale simulato, con la prova dell'alcol test: dunque la comparazione con quello della madre e il fermo, il 16 giugno dell'anno scorso.

Massimo Giuseppe Bossetti"BOSSETTI CERCO' DI FUGGIRE ALL'ARRESTO" -  Massimo Bossetti cercò di fuggire quando le forze dell'ordine, vestite in borghese, andarono ad arrestarlo. Lo ha ricordato oggi l'ex comandante del Ros di Brescia. Lorusso ha rivelato che ci si era concentrati sull'ambiente della palestra, sull'istruttrice Silvia Brena e su altre persone ma senza trovare niente. L'istruttrice era stata al centro anche di intercettazioni quando, dopo il ritrovamento del corpo di Yara, Dna della donna era stato trovato sul giubbino della vittima. Ma gli accertamenti l'hanno scagionata. Lorusso ha poi parlato di Bossetti. Ha spiegato che il muratore la sera del rapimento era nella zona della palestra di Brembate Sopra, e il suo cellulare aveva agganciato la cella del paese per molto tempo. Non era andato dal commercialista, come aveva detto, e non aveva risposto a ripetute chiamate del fratello. Dalle indagini è emerso anche che Bossetti si assentava spesso dal cantiere di Palazzago in cui lavorava con scuse legate alle sue condizioni di salute. Lorusso ha poi ricordato il giorno dell'arresto: "Il nostro personale in borghese ha finto di cercare un extracomunitario in nero, ma l'imputato ha capito e ha cercato di fuggire". Nella successiva perquisizione a casa sua e' stata trovata la documentazione legata alla contabilita' nel sottotetto, ma due bolle di accompagnamento erano nel comodino della camera da letto: una del 26 novembre 2010 (giorno della scomparsa di Yara) e una del 9 dicembre per un metro cubo di sabbia in una ditta di Chignolo. Il colonnello prosegue: "E' stato eseguito un video per documentare le operazioni e risulta che, a un certo punto, prima di capire il motivo dellea presenza delle forze dell'iordine, l'imputato ha effettuato tentativo fuga".  In aula, Bossetti è rimasto impassibile per tutto il tempo, anche quando si è parlato di sua mamma, Ester Arzuffi. Ma quando ha sentito del tentativo di fuga, ha scosso la testa in segno di diniego e ha mormorato ai suoi difensori "non è vero". Subito sono insorti i difensori dell'imputato: "Non crediamo si possa introdurre l'argom,ento in questo modo, aglia tti non c'è nulla di questa vicenda" 

Il furgone cassonato di Massimo Giuseppe Bossetti"FURGONE 6 VOLTE INTORNO ALLA PALESTRA"  - Poi, Lorusso ha parlato di furgone e telecamereIl furgone cassonato Daily Iveco, che gli investigatori ritengono fosse di Massimo Bossetti, fu ripreso 6 volte dalle 18 alle 19,51 dalle telecamere di sorveglianza nei pressi della palestra da cui scomparve Yara Gambirasio, quel 26 novembre 2010.  Alla certezza che quel furgone era quello del muratore, ha raccontato l'ufficiale, gli investigatori arrivarono attraverso uno screening condotto con l'aiuto del Ris e degli ingegneri progettisti della Iveco.  L'ufficiale ha ripercorso il procedimento mediante il quale gli investigatori ritengono che il furgone ripreso dalle telecamere di sicurezza sia di Massimo Bossetti. Analizzarono tutti i modelli immessi sul mercato dal '99 al 2006, quando il muratore acquistò il furgone individuandone 20mila. I Ris e gli ingegneri progettisti dell'Iveco, sulla scorta delle immagini, eliminarono quelli che avevano caratteristiche incompatibili, riducendo la rosa a 4.500 mezzi. Questi 4.500 furono fotografati e chi ne aveva la disponibilità fu sentito a verbale. Ne emerse un cerchio ristretto di 5 mezzi (fra cui quello di Bossetti). Furono sentiti gli altri 4 proprietari e, confrontate le loro testimonianze con le risultanze dei loro tabulati telefonici, risultò che i 4 non potevano essere nella zona di Brembate il 26 novembre del 2010 quando Yara sparì. Nell'ambito dell'inchiesta, dopo il fermo di Bossetti, era anche stato risentito un testimone che, già nel 2010, aveva raccontato della presenza, quel pomeriggio, di un furgone con caratteristiche simili a quello del muratore. Tra le altre circostanze raccontate da Lorusso, su domanda del Pm Letizia Ruggeri, un prelievo effettuato da Bossetti in una banca di via Locatelli, nei pressi della palestra e della abitazione di Yara il 4 dicembre del 2010, giorno del fermo di Mohamed Fikri, il marocchino coinvolto e poi scagionato nelle fasi iniziali dell' inchiesta. Quello risulta l'unico prelievo effettuato da Bossetti a quello sportello, mentre tutti gli altri risultano effettuati in quel periodo attraverso il suo circuito bancario.

IL CORPO DI YARA - Quando fu ritrovato il corpo di Yara, il 26 febbraio del 2011 nel campo di Chignolo d'Isola, la ragazza «stringeva in pugno dell'erba ancora radicata a terra», ha ricordato Lorusso, rispondendo alle domande. Un dettaglio, quello ricordato dall'ufficiale e documentato da alcune fotografie, che indicherebbe come la ragazza fosse stata uccisa proprio in quel campo. Una delle circostanze che, invece, la difesa mette in dubbio.

SALTA LA TESTIMONIANZA DI BONAFINI - L’ex dirigente della squadra mobile della questura di Bergamo, Gianpaolo Bonafini, non sarà ascoltato. La sua deposizione è stata spostata al 2 ottobre. Poi toccherà alle domande degli avvocati della difesa e alle parti civili.