Un mese dal fermo di Bossetti. C'è altro Dna sui leggins, sempre più vicina la soluzione del caso Yara

Prova decisiva se risulterà uguale a quello degli slip di Gabriele Moroni

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

«Ricorda il 20 novembre del 2010?». La domanda viene posta sia a Bossetti, il 18 giugno nell’udienza di convalida del fermo, sia alla moglie Marita Comi, ascoltata come persona informata sui fatti cinque giorni dopo nella caserma dei carabinieri di Ponte San Pietro. Da entrambi una risposta negativa. Quel 20 novembre, un sabato, sei giorni prima della sparizione di Yara (è anche la data della giornata mondiale per i diritti dell’infanzia), non evocava ricordi, ricorrenze, episodi particolari.

«È stato chiesto, ma non era importante », dice un inquirente della domanda, senza specificare oltre. Due ipotesi. Potrebbe essersi trattato di una sorta di test mnemonico a cui è stato sottoposto l’arrestato. Visto che ricordava nitidamente come trascorse la serata del 26 (ritorno dal lavoro, doccia, cena con la moglie e i tre figli, occhiata ai quaderni dei bambini e giochi con loro, televisione disteso sul divano), gli investigatori potrebbero avere sondato le sue capacità di ricordo, retrocedendo di una settimana.

Seconda ipotesi. Il riferimento al 20 novembre del 2010 sarebbe uscito dalla deposizione di una persona vicina al muratore diMapelloforse un parente. Cosa può essere accaduto quel giorno? Potrebbe  essersi trattato di una crisi fra i coniugi? Nell’udienza di convalida Bossetti ha ammesso litigi con la moglie, al termine dei quali raggiungeva l’abitazione della madre Ester, a Terno d’Isola, con il figlio maggiore. Li ha definiti normali fra coppie, gli alti e bassi di ogni matrimonio, anche il suo, assolutamente felice e riuscito, con una compagna che «non cambierei con nessun’altra donna. Sta sempre dietro ai bambini e non fa mancare niente neanche a me».

gabriele.moroni@ilgiorno.net