Caso Yara, "Ripartite dall’esame del Dna": altre 102 pagine della difesa Bossetti

Depositate ieri, si aggiungono alle 258 del ricorso in Appello

Massimo Bossetti (De Pascale)

Massimo Bossetti (De Pascale)

Mapello (Bergamo), 15 giugno 2017 - Un fascicolo di 102 pagine. Sono i “motivi aggiunti” che, dopo una notte trascorsa nel lavoro di aggiustamento e rifinitura, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, difensori di Massimo Bossetti, hanno depositato nella mattinata di ieri alla cancelleria della Corte d’Assise d’appello di Brescia. Si aggiungono alle 258 pagine dell’atto di impugnazione della sentenza con cui, il 1° luglio di un anno fa, l’Assise di Bergamo ha inflitto l’ergastolo al muratore di Mapello per l’omicidio di Yara Gambirasio. Una nuova iniziatica della difesa in vista del nuovo processo, che inizierà il 30 giugno davanti ai giudici d’appello bresciani.

Sono cinque i punti sui quali la difesa va all’attacco. È frontale l’attacco al Dna, pietra miliare sia dell’accusa sia della condanna al carcere a vita, il codice genetico di Bossetti che si sovrappone a quello impresso dall’assassino sugli slip e i leggings della tredicenne di Brembate di Sopra. Un Dna anomalo, secondo i difensori e il consulente genetista Marzio Capra, dove è assente la parte mitocondriale di quello di Bossetti. La ripetizione dell’esame è la richiesta prioritaria, l’istanza “regina” della difesa. Si opporranno, già lo si sa, sia la procura generale sia i legali della famigia Gambirasio. “Seguiremo - conferma l’avvocato Andrea Pezzotta, parte civile con il collega Enrico Pelillo - la linea del primo grado. Una perizia è inutile, non è assolutamente necessaria”. Sarà richiesto l’esame di tutti gli indumenti della piccola vittima. Uno dei particolari su cui insiste la difesa è che, per esempio, l’assenza delle lacerazioni operate dagli animali, in particolare dai roditori, sulle felpa che la vittima indossava sotto il giubbotto e sopra la maglietta. Un elemento che si abbina a un terzo, già sollevato a più riprese nel primo processo: c’è polvere di calce non solo sugli abiti ma anche sul corpo e e persino sulle ferite di Yara. L’abbinata di questi due elementi fa da supporto alla tesi difensiva che Yara sia stata uccisa o comunque ferita altrove e non nel campo di Chignolo d’Isola dove, nel pomeriggio del 26 febbraio 2011, è stato casualmente ritrovato il corpo, a tre mesi esatti dalla scomparsa. Che Yara abbia camminato in un ambiente legato al mondo dell’edilizia e diverso dal campo di Chignolo sarebbe provato dal quarto elemento: le sferette di metallo sotto le suole delle sue scarpe. Quinto elemento sollevato dalla difesa: le fibre trovate su dorso del piumino e sul retro dei leggings. Fibre compatibili con i sedili del furgone cassonato Iveco Daily di Bossetti. Replica della difesa: si rattava di sedili prodotti in serie, a migliaia, quindi non si tratta di un indizio accusatorio qualificante. I genitori di Yara non andranno a Brescia. Fulvio Gambirasio e Maura Panarese rimangono coerenti con la decisione presa per il processo di primo grado, che li ha visti in aula soltanto nel giorno della loro deposizione. Annunciano, invece, che saranno presenti la madre di Bossetti, Ester Arzuffi, e la sorella Laura Letizia.