Yara, al setaccio le tracce nel furgone, i peli sul corpo non sono di Bossetti

L’indiscrezione: il Dna è diverso da quello del sangue di Ignoto 1 di Gabriele Moroni

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Bergamo, 4 luglio 2014 - Non c'è il Dna di Massimo Giuseppe Bossetti nelle 200 tracce pilifere trovate su Yara Gambirasio e accanto al corpo, rinvenuto il 26 febbraio 2011 in un campo a Chignolo d’Isola. Il dato è ancora ufficioso. Carlo Previderè, il ricercatore responsabile del laboratorio di genetica forense dell’Università di Pavia, non ha ancora depositato la sua consulenza in Procura a Bergamo, anche se avrebbe concluso la sua lunga fatica. In questi mesi l’impegno del ricercatore pavese è stato individuare e separare i capelli, le formazioni pilifere e i tessuti epiteliali, molti dei quali non appartengono alla vittima e non sono di origine animale. Sono stati analizzati per tentare di risalire ai gruppi etnici di appartenenza e individuare precisi profili genetici. Una settimana fa si erano rincorse conferme e smentite sulla presunta individazione dell’ormai ex «Ignoto 1» nelle tracce pilifere. Era stato poi lo stesso Previderè a chiudere l’equivoco con una dichiarazione che non ammetteva dubbi: «Non è emersa alcuna compatibilità di profili genetici».

A Parma gli esperti del Ris hanno terminato ieri la campionatura dei reperti trovati sui due automezzi sequestrati al muratore arrestato, il furgone cassonato Iveco Daily azzurro-verde e la Volvo V40 grigia. Verrà ora redatto un verbale delle operazioni effettuate. La prossima settimana verrà definito il calendario dei test «diagnostici» sui singoli reperti fatti emergere dalla ricognizione effettuata con il Luminiol. Si cercano ovviamente presenze ematiche, ma solo i nuovi esami potranno escludere che non ci si trovi in presenza dei cosiddetti «falsi positivi». L’esame è assolutamente meticoloso, nulla viene trascurato. Alla ricerca della verità scientifica, si accompagna un interesse investigativo. Si cerca qualcosa che possa sostenere l’ipotesi che viene formulata dagli inquirenti: quella che fra la ginnasta tredicenne e l’uomo accusato del suo omicidio si fosse instaurata, prima della tragica serata del 26 novembre 2010, una forma di conoscenza. Ci si chiede (è per ora una domanda che galleggia) se fosse possibile che Yara accettasse un passaggio in auto da uno sconosciuto. La cerchia parentale e amicale viene scandagliata. Negli uffici del comando provinciale i carabinieri hanno ascoltato due amiche della piccola Gambirasio, alla ricerca di qualche dettaglio, di un particolare finora sfuggito. Tutto questo alla luce del fermo di Massimo Giuseppe Bossetti.«Sul caso Yara è la scienza che parla». Interviene Giorgio Portera, il genetista forense, ex ufficiale del Ris, nominato dall’avvocato Enrico Pelillo, legale della famiglia Gambirasio. «È ancora presto — prosegue Portera — per trarre conclusioni sui rilievi effettuati. Nei prossimi giorni saranno analizzati con precisione i vari reperti. Non intendo sbilanciarmi, dico solo che in questo momento è la scienza che parla. Il Dna sul cadavere di Yara è acclarato che appartenga a lui (Bossetti, ndr)».