"Viviana è morta per la caduta, non per le botte"

Per i giudici di primo grado. Michele Locatelli, 44 anni. "è un violento fuori controllo. ma non un lucido omicida"

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Per la Corte d’Assise la morte di Viviana Caglioni, 34 anni, è stata una conseguenza dei maltrattamenti subiti nell’appartamento di via Maironi da Ponte, in città la sera tra il 30 e il 31 marzo 2020. Cristian Michele Locatelli, 44 anni, il suo fidanzato, il 29 ottobre scorso è stato condannato a 18 anni e alla misura di sicurezza di tre anni di libertà vigilata. È in carcere a Como. Nelle motivazioni della sentenza, i giudici hanno sottolineato come "se non fosse sopraggiunta la caduta, gli schiaffi e i calci di Locatelli nei confronti di Viviana Caglioni mai ne avrebbero determinato la morte" (decesso avvenuto sei giorni dopo all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, il 6 aprile 2020). Se Locatelli avesse voluto uccidere Viviana, "avrebbe potuto farlo ben prima della sua caduta.

Locatelli un violento e fuori controllo, ma non un lucido omicida". Sentenza che il pm Paolo Mandurino ha impugnato alla Corte d’Assise d’appello di Brescia tornando a chiedere per Locatelli la riqualificazione del reato e la condanna all’ergastolo, come aveva fatto in sede di richiesta, per omicidio volontario pluriaggravato dai motivi futili e abietti, dai maltrattamenti, dalla recidiva reiterata (riconosciuta) dopo l’espiazione di una condanna (28 iscrizioni al casellario e sei anni di carcere). O in subordine una pena vicina al massimo con un aumento in considerazione della recidiva contestata. L’accusa motiva l’appello in sei punti, ripercorrendo le fasi cruciali. L’aggressione fisica da parte del Locatelli, una persona con l’indole violenta, quella sera – era il 30 marzo 2020 - ha avuto una durata lunga (circa trenta minuti, come ha sempre dichiarato lo zio della vittima, Gianpietro Roncoli). Ha colpito con continui pugni, schiaffi calci Viviana con percosse particolarmente violente, anche nelle zone vitali. All’addome perché Viviana era rannicchiata su se stessa per proteggersi e dunque inerme, calci alla testa e un pugno. Tanta ferocia perché accecato dalla gelosia. Durante l’aggressione a Viviana (avvenuti anche in precedenza) Locatelli aveva minacciato di morte anche lo zio della ragazza ("ammazzo anche te"), per i giudici la prova di una chiara "proiezione finalistica nei confronti dell’evento morte".

F.D.