Donna uccisa a Dalmine, ultimo appuntamento con l’ombra del ricatto

L’operaio avrebbe pianificato tutto, forse per questioni di denaro

Omicidio a Dalmine (De Pascale)

Omicidio a Dalmine (De Pascale)

Dalmine (Bergamo), 23 gennaio 2018 - Fabrizio Vitali ha sparato alla prostituta nigeriana di 37 anni sabato mattina, appena svegli. Temeva, pare, che la vittima lo ricattasse. Tra i due potrebbe esserci stata una discussione, lui ha afferrato la sua Glock semiautomatica 9x21 e ha sparato alla nuca della donna. Poi ha chiamato il 118. Il 61enne di Cerro di Bottanuco, operaio disoccupato, è stato trovato nel corridoio dell’hotel Daina, a Dalmine, con l’arma in mano. Il pm, Letizia Ruggeri, gli ha contestato anche la premeditazione, oltre all’omicidio aggravato.

Ma perché lo ha fatto? In attesa dell’interrogatorio di convalida, previsto per questa mattina alle 10 da parte del gip Marina Cavalleri, dove, se lo vorrà, Vitali (difeso dall’avvocato Omar Massimo Hegazi) potrà raccontare come sono andate le cose, trapelano particolari che aprono scenari del tutto nuovi sulla vicenda. Vitali e Sofia (Ester Eghianruwa è il nome con cui si faceva registrare in albergo la vittima, in quanto clandestina) si frequentavano da un paio di anni con cadenza settimanale. Lei viveva in via Cinquantenario a Dalmine, con altre connazionali. Negli ultimi sei mesi gli incontri si erano diradati per volontà del 61enne, una decisione legata a motivi di denaro. Non lavorando con una certa continuità, Vitali viveva alla giornata e per questo aveva deciso di interrompere gli appuntamenti con Sofia. Per lei, però, l’uomo rappresentava una “fonte di reddito” sicura a cui non voleva rinunciare. L’operaio se ne era reso conto e per questo aveva deciso di non farsi vedere per alcuni mesi.

Venerdì sera Fabrizio e Sonia fissano un incontro al solito posto, l’hotel Daina, per trascorrere la notte insieme. Lei lo raggiunge in bicicletta, lui con il vespino blu: ha con sé un sacchetto nel quale c’è la pistola. Da qui la richiesta della premeditazione da parte del magistrato. I due prendono una camera al secondo piano, può darsi che ci sia stato un chiarimento, una discussione. Forse la vittima ha insistito per continuare a vedere Vitali, lui deve averle ribadito la volontà di non essere in grado di soddisfare quelle richieste economiche. Hanno dormito e sabato mattina, la svolta: l’operaio prende il sacchetto di plastica, estrae la pistola, la indirizza verso la nuca di Sofia e lascia partire un colpo mortale. Intanto ieri mattina all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo si è svolta l’autopsia sul corpo della nigeriana. La conferma: l’arma usata è quella di Vitali.