Morirono curando i malati di Ebola: presto beate tre suore Poverelle

Papa Francesco le ha dichiarate “venerabili”. Il loro sacrificio risale al 1995 ma la furia del Covid lo rende significativo e contemporaneo

Suor Vitarosa Zorza, nata a Palosco (Bergamo) il 9 ottobre 1943

Suor Vitarosa Zorza, nata a Palosco (Bergamo) il 9 ottobre 1943

Bergamo - "Laddove altri non giunge, faccio qualcosa io come posso". Suor Annelvira Ossoli, bresciana e le bergamasche suor Vitarosa Zorza e suor Danielangela Sorti hanno tenuto fede fino alla morte alla raccomandazione del beato Luigi Maria Palazzolo, fondatore della Congregazione delle Suore delle Poverelle a cui appartenevano. La morte, per le tre religiose, arrivò nel 1995 in Congo, portata dal virus Ebola. Sarebbero potute fuggire e tornare nella casa madre di Bergamo, ma scelsero di restare lì, a curare i malati che arrivavano incessantemente nell’ospedale di Kikwit, fino a che il virus non colpì anche loro. Come molti “eroi” moderni, che in quest’anno di pandemia hanno deciso di stare al fianco dei malati di Covid ben consci dei pericoli di contagio, anche le tre suore lombarde sedici anni fa hanno fatto una scelta eroica. Per questo assume un valore particolarmente significativo il fatto che, dopo l’udienza tenuta giovedì col cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco abbia autorizzato i decreti con cui sono state riconosciute le loro “virtù eroiche”. Le tre Poverelle sono state così dichiarate “venerabili”, un passo fondamentale verso la beatificazione, come già era accaduto un ano fa, il 20 febbraio del 2020, per altre tre di loro: Floralba Rondi, di Pedrengo (Bergamo); Clarangela Ghilardi, bergamasca di Trescore e Dinarosa Belleri, di Villacarcina (Brescia).

Una vicenda, dicevamo, che appartiene a tempi e latitudini lontane, ma che, per le analogie con l’improvviso irrompere del nuovo virus e la dedizione degli operatori sanitari, è incredibilmente contemporanea. Le cronache raccontano di come i primi casi di Ebola comparvero nel marzo del 1995, in un villaggio a poca distanza dalla comunità in cui vivevano le religiose lombarde ed in poche settimane, l’ospedale di Kikwit si riempì di moribondi. La prima missionaria ad essere contagiata, ed a morire, fu suor Floralba. Di fronte alla tragedia le consorelle non si tirarono indietro. Come ricorda Vatican News, suor Annelvira (nata ad Orzivecchi il 26 agosto 1936, era chiamata “la donna della vita” per i tanti bambini che aveva fatto nascere in 43 anni di missione), sentendo della gravità del contagio, non esitò a percorrere i 500 km su strade impervie per essere accanto alle malate. Dopo pochi giorni iniziò ad accusare febbre e sintomi della malattia. Come le consorelle che erano morte prima, chiese di riservare il plasma per le trasfusioni ai bambini che ne avevano più bisogno. Suor Danielangela Sorti era invece nata il 15 giugno 1947 a Bergamo e quando morì a Kikwit aveva 47 anni; sul retro di una fotografia scrisse: "Amore chiede Amore". L’ultima delle religiose a morire, il 28 maggio 1995, fu Vitarosa Zorza, nata a Palosco il 9 ottobre 1943. "Perché devo aver paura? – disse ai familiari – Le altre sono lì, in questo momento hanno bisogno di me".