Delitto Gianna Del Gaudio a Seriate: ecco perché il marito Antonio Tizzani è stato assolto

Bergamo, le motivazioni della sentenza della Corte d'Assise d'appello: plausibile l'ipotesi del 'killer mascherato' che frugava nella borsetta della donna

Gianna Del Gaudio e Antonio Tizzani

Gianna Del Gaudio e Antonio Tizzani

Seriate (Bergamo) - Non esiste alcuna prova che Antonio Tizzani, 75 anni fra poco, ex capostazione, abbia ucciso la moglie Gianna Del Gaudio, 63 anni, insegnante in pensione, con una terribile coltellata alla gola. Era la notte fra il 26 e il 27 agosto del 2016, dopo dopo mezzanotte, nella villetta dei Tizzani a Seriate.

In 70 pagine il consigliere estensore Massimo Vacchiano motiva la sentenza cn cui, il 7 ottobre dello scorso anno, la Corte d'Assise d'appello di Brescia ha confermato la sentenza pronunciata in primo grado dall'Assie di Bergamo nell'ottobre del 2020: assoluzione per non avere commesso il fatto per l'imputazione di omicidio, assoluzione perché il fatto non sussiste per quella di maltrattamenti in famiglia. Davanti ai giudici bresciani il pg Francesco Rambaldoni aveva chiesto l'ergastolo per omicidio volontario aggravato dall'avere agito ai danni del coniuge convivente e assoluazione perché il fatto non susiste per i presunti maltrattamenti alla moglie.

Il giallo della lite

Antonio Tizzani ha sempre accusato dell'uccisione della consorte un misterioso assassino con il volto in parte celato dal cappuccio di una felpa. Un omicidio commesso al culmine di una lite furibonda fra i due coniugi (quindi omicidio con dolo d'impeto) colta dalle testimonianze di vicini e di persone che si trovavano nelle vicinanze di piazza Madonna delle Nevi. Era un caposaldo dell'accusa. Ma secondo i giudici dell'appello questa ipotesi è ostacolata proprio "dalla quasi totalità dei testi, i quali non hanno ricordato affatto di aver udito grida evocanti un litigio in corso, avendo precisato di aver sentito soltanto le urla di un uomo" e "in ogni caso. Le uniche testimonianze che evocano il ricordo di una voce femminile non consentono certo di attribuire tali voci ad un litigio coniugale". Un urlo di donna raccolto da due testi non può essere fatto risalire a un alterco e può invece essere "ragionevolmente riconducibile" a Elena Foresti, moglie di Paolo, uno dei due figli della coppia, che "effettivamente risulta aver lanciato quel grido agghiacciante e disperato subito dopo aver appreso la morte della suocera".

La testimonianza

Due amiche, che quella sera si trovavano ferme in auto a circa 800 metri dal luogo dell'omicidio, hanno confermato in aula di avere sentito una voce forte di uomo, a tratti una voce femminile più flebile e quindi, dopo un periodo di sileenzio, un urlo di donna. L'urlo può essere attribuito a Elena Foresti. Quanta alle altre voci, possono essere ricondotte "da un lato alla reazione rabbiosa del Tizzani per aver scoperto la moglie a terra (uccisa ) in una pozza di sangue, e dall'altro allo sgomento e sconforto di Manenti Alessandra (compagna dell'altro figlio dei Tizzani, Mario, ndr), presente sul posto prima dell'arrivo di Manenti Elena". La conclusione è che per la voce d'uomo si trattava della "reazione angosciosa, disperata e rabbiosa che l'imputato aveva avuto alla scoperta della moglie sanguinante a terra".

La ricostruzione

Un'altra considerazione, legata alla ricostruzione dell'omicidio fa escludere l'ipotesi dell'epilgo cruento di una lite. La vittima è stata aggredita alle spalle, di sorpresa, mentre era intenta a rigovernare le stoviglie nel lavandino. Lo provano sia la mancanza di grida da parte sua, sia l'assenza di ferite da difesa. E' stata, osserva la sentenza, di "una sorta di agguato". Un'altra cicosranza esclude l'omicidio d'impeto: l'assassino ha usato dei guanti. Escluso l'omicidio come esito finalea di una lite domestica, si aprono due prospettazioni. "Una 'fredda risoluzione' spregiudicatamente assunta da colui che, entrato in casa per rubare, avesse messo in conto di uccidere una persona che avesse ivi (malauguratamente o prevedibilmente trovato; una 'fredda  risoluzione' maturata dal Tizzani a seguito di un rancore da tempo covato nei confronti della persona offesa" .La Corte di Brescia esclude decisamente quest'ultima. Il cutter, arma del delitto, è stato abbandonato (e non nascosto) nel cespuglio di un giardino, non lontano dall'abitazione di Tizzani. "Pochi" metri per rappresentare  un nascondiglio sicuro, "troppi" per essere un posto raggiungibile in poco tempo (15 minuti) e tornare subito a casa Tizzani. Chi ha ucciso la professoressa voleva sbarazzarsi dell'arma e non occultarla (come invece sarebbe stato interesse dell'imputato). Escluso un occultamento momentaneo: l'abitazione venne attentamente perquisita e non si trovò nulla. A maggior ragione, Tizzani avrebbe avuto più tempo per fare sparire l'arma Tizzani non aveva su di sé la minima traccia di sangue. E' provato che non si lavò le mani. I familiari, accorsi per primi, concordano che non si cambiò d'abito. Il suo atteggiamento, nell'immediatezza, fu del tutto "lineare e conseguente" Il "tono estremamente convulso e angosciato" nel chiamare i soccorsi (senza riuscire, all'inizio, a comunicare esattamente il proprio indirizzo). La sua invettiva "Bastardi vi uccido" che spiegherà come rivolta ai vicini di casa, "in quanto colpevoli, ai suoi occhi, di non avere voluto vedere nulla), il suo andare avanti e indietro in attesa dei soccorsi".

Il killer misterioso

L'assassino mascherato. Appare "sufficientemente credibile" la versione di uno sconosciuto scoperto mentre, accovacciato, frugava nella borsetta di Gianna. Tizzani ha sempre parlato di un uomo con le mani scure o abbronzate. Sapendo di avere usato i guanti bianchi (trovati effettivamente sporchi di sangue) avrebbe dovuto dire che anche l'assassino li portava. I guanti di lattice, trovati nello stesso sacchetto del cutter, non appartenevano alla dotazione domestica della famiglia Tizzani. Sui guanti è stato rinvenuto un profilo genetico, denominato 'Ignoto 1'. Nonostante siano stati eseguiti circa centi tamponi salivari, non è stato attribuito a nessuno dei parenti, amici, conoscenti della coppia Tizzani-Del Gaudio, né delle persone intervenute sul posto. Neppure il cutter faceva parte della dotazione casalinga. Arma inadatta per un omicidio tanto effferato e una lesione devastante come quella che ha provocato la morte  di Gianna Del Gaudio. L'assassino ha dovuto impiegare tutta la sua forza. Quindi, dal momento che non li aveva a sua disposizione in casa, Tizzani "si sarebbe preventivamente procurato non solo i guanti, ma anche il cutter per uccidere la moglie". Osserva ancora la sentenza che "si assiste così a questa doppia stranezza: non solo l'imputato avrebbe scelto un'arma adatta per uccidere la moglie, ma addirittura, non appartenendo tale utensile all'armamentario in suo possesso, egli, pur potendo magari adoperare un più efficace coltellone da cucina, si sarebbe attivato per andare a procurarsi quel taglierino". Cade quindi anche l'ipotesi di un delitto premeditato o comunque con un minimo di preparazione.

Il Dna sul cutter

Sul cutter, in una posizione singolare perché coperta dall'impugnatura, è stato rilevato il Dna di Antonio Tizzani. Fin dall'udienza preliminare il difensore Giovanna Agnelli (con il suo consulente, il genetista forense Giorgio Portera) ha contestato il prelievo eseguito al Ris di Parma, eccepito la nullità processuale del prelievo, sostenuto la tesi di una possibile contaminazione. I giudici dell'appello le hanno dato ragione. "Il prelievo 30/8 è risultato doppiamente viziato, vuolsi sotto il profilo processuale (essendo stato eseguito senza avvertire per le vie brevi i consulente di parte), vuolsi con riferimento al rispetto delle regole di protocollo (essendo stato operato in violazione delle linee guida che imponevano che esso avvenisse prima dell'estrazione del tampone salivare). E' pure evidente che la violazione processuale, siccome comportante la segnalata nullità dell'accertamento, precluda ogni altra valutazione circa l'attendibilità residua che il prelievo in questione potrebbe mantenere". La Corte bresciana aggiunge che "non può qui non rilevarsi come l'irrisorio quantitativo di Dna del Tizzani rinvenuto sul cutter e la sua stessa singolare ubicazione, suggeriscano gravi elementi di dubbi circa l'eventualità che quel dato genetico possa davvero dimostrare  l'avvenuto uso del taglierino da parte dell'imputato". "Ma soprattutto appare molto singolare il fatto che il Dna sia stato rinvenuto, anziché, sul manico, sulla lama e in particolare proprio su quella parte di lama occultata in parte dal manico". Oltre a questo, può essere considerata anche la possibilità di un "trasferimento avventizio", legato alla circostanza che il taglierino si trovava in un sacchetto di cellophane delle mozzarelle che venivano servite in casa Tizzani.

I maltrattamenti

Quanto ai maltrattamenti, secondo l'Assise d'appello (che ha ribadito la piena assoluzione di Tizzani), "è davvero arduo riuscire a coniugare, in un'ottica di maltrattamenti penalmente rilevanti, la valenza probatoria dei comportamenti ingiuriosi e talvolta maneschi dell'imputato con il sistematico ritorno alla normalità dei rapporti e finanche alle reciproche effusioni tra i medesimi coniugi", come testimoniato dal figlio Mario e dalla compagna. "Diversamente da altre analoghe situazioni non si rintracciano nel vissuto della coppia, quanto meno in modo univoco, quell'aggressione fisica e morale da parte dell'uomo, tale da provocare uno stato di effettiva soggezione della vittima, dal momento che la Del Gaudio, pur avendo palesato - in sporadiche occasioni - momenti di sofferenza per gli atteggiamenti prevaricatori del marito, non aveva mai mostrato paura e tanto meno disperazione".

L'avvocato difensore

"La sentenza - dice il difensore Giovanna Agnelli - contiene certamente la motivazione rafforzata richiesta dalla giurisprudenza di legittimità nel caso, come il nostro, di appello del pubblico ministero avverso una sentenza di primo grado assolutoria. Secondo la Corte, che scrupolosamente, ha anche compiuto una parziale rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, tutti gli elementi raccolti smentiscono la tesi accusatoria e propendono univocamente per l'assoluzione di Tizzani. Prosegue poi la Corte nell'analizzare il dato biologico del Dna di Tizzani rinvenuto sul cutter, elemento fondante la tesi accusatoria, e ne dichiara la nullità, in quanto svolto dal Ris senza avvisare il consulente della difesa, come previsto dal nostro codice. L'eccezione era stata sollevata dalla sottoscritta fin dall'udienza preliminare e già in sentenza di primo grado era stata accolta con una dichiarazione di inattendibilità e inutilizzabilità di questo accertamento. Ora finalmente si è giunti ad una dichiarazione di nullità".