Soltanto un cambiamento
di rotta repentino permetterà di evitare una catastrofe climatica salvando i ghiacciai compreso il Fellaria
in Valmalenco. La montagna come sentinella
dei cambiamenti climatici, osservatorio da dove intravedere il futuro
del nostro pianeta: senza
un freno alle emissioni, entro
il 2100 la temperatura media
sarà di 5 gradi più alta
con conseguenti catastrofi, mentre con 2 gradi d’aumento avremo qualche possibilità. Alla due giorni organizzata
in Valmalenco sul tema “Cambiamento climatico
della montagna alpina e nuove visioni di turismo sostenibile“, nell’ambito del progetto “Interreg B-Ice & Heritage“,
il presidente della Società meteorologica italiana Luca Mercalli ha prefigurato
ciò che ci attende.
"Serve un colossale sforzo
nei prossimi 7-8 anni
per invertire la tendenza, riducendo della metà
le emissioni. La speranza
c’è ma bisogna fare in fretta: questi sono anni cruciali per cambiare la nostra sorte,
dopo il 2030 il processo sarà irreversibile". I tre rischi
globali più importanti sono
cambiamenti climatici, eventi meteorologici estremi,
perdita della biodiversità.
Effetti ben visibili sui ghiacciai: in Italia sono 903 e negli ultimi 60 anni si sono ridotti
del 30%, oggi occupano 368 metri quadrati. È stata
la professoressa Guglielmina Diolaiuti, docente dell’Università degli Studi
di Milano, a mostrare come l’acqua rilasciata dai ghiacciai sia cruciale per il sistema idrico regionale. Dall’Italia alla Lombardia e alla Valmalenco, che con la Valposchiavo condivide il ghiacciaio Fellaria-Palü, al centro di uno studio approfondito finanziato dal progetto “Interreg B-Ice & Heritage“ condotto da Riccardo Scotti, responsabile scientifico del Servizio Glaciologico Lombardo.
"Dal 2007 al 2021, alle quote più basse, il ghiacciaio
è regredito di 90 metri formando un lago che prima non esisteva. Nello scenario attuale tutti i ghiacciai scompariranno entro la fine
del secolo, ma potremo
salvare l’altipiano di Fellaria,
la Piccola Antartide delle Alpi come viene definito".
Fulvio D’Eri